martedì 26 aprile 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 26 aprile – 1 maggio


Buongiorno miei prediletti. 
Codesto sarà un post di diversa fattura rispetto a quelli che, normalmente, sono ospiti della suddetta rubrica. Vi farebbe comodo essere messi al corrente della ragione di tale mia – insindacabile, mi permettiate – decisione? Presto detto: alcuni giorni fa, i miei miopi occhi hanno avuto il dispiacere di imbattersi in una discussione avvenuta presso un gruppo Facebook che la codesta blogger che vi sta parlando frequenta non proprio assiduamente ma, comunque, con una qual certa frequenza.
Miei cari, in questa discussione una blogger – che non ero io –, dopo aver criticato la copertina di un romanzo (anch'esso di dubbia qualità secondo i miei umili canoni) e aver utilizzato un appellativo che riconosceremo in "orrida", è stata stata pesantemente attaccata presso il suo blog da diversi individui, in qualche modo probabilmente legati alla casa editrice. O financo no. 
All'esimia è stato riferito che utilizzare tale appellativo (che ripeto essere "orrida") per indicare un lavoro fatto male non è politicamente corretto e che, anche nell'ipotetico caso in cui quanto detto riportasse il vero, è bene esprimere in altro modo la propria opinione. Il suggerimento offerto all'esimia era che esprimesse sì la sua opinione ma utilizzando parole meno dure e offensive. 
A quel punto mi son subito detta: "Oibò, dovrei forse non dire le cose che solitamente dico poiché il mio giudizio non è politicamente corretto, sebbene lo si faccia per ridere e scherzare?". E quindi, al fine di seguire il consiglio di quel gentiluomo secondo il quale quando "una copertina ci fa cagare" è bene dirlo in modo più raffinato (quindi, nel caso specifico, sarebbe più corretto dire "codesta serigrafia, seppur riprodotta con i sudori e gli umori dello artista, muove qualcosa di sì profondo dentro le mie viscere che potremmo dire, in tutta franchezza, che è causa di un moto ondoso non specifico che trova la sua conclusione solo nel caso in cui io mi rechi al bagno per dar sollievo al mio orifizio"). 
Onde urtare la sensibilità altrui, suddetto post sarà vergato con attenzione e con l'utilizzo esclusivo di parole politicamente corrette. Ora permettetevi di mostrarvi, con grazia e precisione, ciò che l'illustrissima italica editoria propone in vendita questa settimana. 

Una notte senza fine, visto in cotal modo, potrebbe apparire come la locandina di una pellicula allo solo pubblico adulto dedicata.
Le nude spalle di una giovin pulzella, fotografate in primo piano, potrebbero smuovere anche i più incartapecoriti animi.
A un occhio non esperto, quale il mio si propone di essere, apparrebbe che questa giovine si rechi ad allenarsi in completa libertà: d'altronde ballare nudi è una cosa che anticamente, con ogni probabilità, tutti facevano nelle tribù. Inoltre, miei stolti, nell'Antica Grecia, chi si allenava nel ginnasio lo faceva senza restrizioni dovute agli abiti: via codesti sciocchi mutandoni, intralciano i muscoli delle mie già solide chiappe!
Ergo, chi siamo noi per consigliare a codesta megera di indossare una maglia meno provocante prima di dimandare al custode del ginnasio  di farla entrare, considerando che ci troviamo (ahimè!) nel 2016 e non nell'Ellade del 5° secolo avanti Cristo?
Un po' di vento sulle tette, ci tengo a rassicurarvi, non ha comunque mai fatto ammalare nessuno di tosse maledetta.
Ma ammiriamo la colorazione di codesto lavoro e, soprattutto, il ritaglio della figura e il suo successivo appiccico su uno sfondo che può essere utilizzato alla occorrenza: un (brutto) ginnasio, una serra, un capanno volto allo svolgimento di attività illegali legate alle fabbricazione di sostanze sutefacenti, una fabbrica di manufatti cinesi sita nella periferia di Milano, un covo segreto di ninja.
Menzione speciale merita il titolo della serie, poiché a "Splendido dubbio" dopo "Splendido disastro" e "Splendido sbaglio" non era poi mica così semplice pensare.
La scheda dedicata allo splendido manoscritto narra la storia di un uomo che, non avendo tempo per una relazione di stampo classico e probabilmente considerando il matrimonio costrittivo, incontra le sue prede su internet. Fondamentale che siano dotate di biondi capelli e forme invitanti. Un giorno, però, una donzelletta che vien dalla montagna, si reca nello studio di tal azzeccagarbugli e si propone come stagista. A quel punto, il nostro eroe – dagli amici denominato trinciapolli perché con le donzelle non vi confesso mica cosa fa – cade tra le braccia dell'amore e se ne fotte se non c'ha le zize quella che fa la ballerina, perché 'nfondo le zize te le poi pure rifà, ma l'amore, quello vero 'ndo cazzo lo trovi?

giovedì 21 aprile 2016

So classy! #3 Charlotte Brontë



Questa puntata di So classy! esce oggi, 21 aprile, in occasione del bicentenario della nascita di Charlotte Brontë. Voglio dire, io che porto fieramente l'incipit di Jane Eyre tatuato sulla schiena, dico io, che se non avessi ormai la certezza di non sposarmi mai nella vita – figuriamoci con un anglosassone – chiamerei mia figlia Charlotte (o Jane!), io in quanto io, potevo mai non dedicare la terza puntata di So classy! all'autrice del mio libro preferito in assoluto? Detto tra noi: no, non potevo assolutamente.
Parlare di Jane Eyre, però, mi sembrava scontato e gli altri suoi romanzi, essendo tornati in libreria da poco dopo una lunga assenza, sono sconosciuti ai più.
Parlare di Charlotte in quanto tale, quindi, mi sembrava il modo più giusto per rendere omaggio a una delle più grandi scrittrici di tutti i secoli. Al momento, il momento in cui sto scrivendo questa introduzione, non ho alcuna idea di che piega prenderà questo post, non posso quindi sapere esattamente di cosa parlerò.
Inoltre, non vi sarà alcun avvertimento spoiler in questa puntata (a meno che non consideriate spoiler anche le nozioni biografiche) ma una raccomandazione mi viene da farla comunque: leggete più autrici donne, non avete idea di quale emisfero meraviglioso vi si prospetterà davanti. Perché il mondo della letteratura è pieno di donne forti, coraggiose e talentuose come Charlotte Brontë.
Detto ciò, basta con gli inutii preamboli e parliamo finalmente di cose serie: il mio amore per Charlotte Brontë.


Era l'ultimo giorno di scuola prima dell'estate, forse il 10 giugno, e quel giorno era anche l'ultimo giorno del quinto ginnasio. A settembre avrei iniziato il primo liceo, quasi tutti i miei professori sarebbero cambiati, alcuni miei compagni sarebbero rimasti indietro. Al mio rientro non avrei più ritrovato la mia unica alleata di quegli anni: la bibliotecaria della scuola. Questo, però, ancora non potevo saperlo e lei si badò bene dal dirmelo.
Qualche giorno prima, avvolta nel suo tailleur rosa, mi aveva consigliato Canne al vento di Grazia Deledda, ma poi – senza apparente motivo – ci aveva ripensato.
«No, lascia stare la Deledda. Prendi questo, invece» e mi aveva porto una copia sgualcita di Cime tempestose di Emily Brontë.
Quel giorno di giugno era un giorno pressapoco inutile: non solo non avevamo fatto praticamente nulla, un paio di insegnanti neanche si erano presentati. Sostanzialmente, i miei compagni di classe erano lì a fare il countdown per la battaglia di gavettoni che ci sarebbe stata una volta usciti da scuola.

Io ero al terzo banco di una classe non mia (forse era sabato ed era questo il motivo per cui non eravamo nella solita aula), e non mi ero data neanche il disturbo, per tutta la mattina, di fingere di ascoltare gli altri, insegnanti o compagni che fossero: stavo terminando Cime tempestose e ne ero rapita. 
Al suono della campanella, riconsegnai il libro in biblioteca e chiesi alla bibliotecaria se questa Emily di libri ne aveva mica scritti altri. No, mi disse, ma avrei potuto esplorare tantissimi altri autori del periodo. 
Sì, certo, altri autori. E l'amore di Catherine? E i tormenti di Heathcliff? Un altro autore, certo, come no. Non potevo darmi pace, non era possibile che Emily fosse morta con un solo libro all'attivo. Non era crudeltà verso il lettore, forse, morire prima di scrivere un secondo libro?
Tornando a casa decisi che, nel giorni seguenti, sarei andata nella biblioteca vicino casa: dovevo cercare una cosa che somigliasse, almeno vagamente, alla passione contenuta nelle pagine di Cime tempestose.
Fu così che trovai Jane Eyre. Recandomi allo scaffale della lettera B – perché, chiaramente, era la bibliotecaria della scuola a sbagliarsi, doveva esserci un altro libro scritto da Emily – lessi Brontë. Ed eccole lì, una accanto all'altra: Anne, Charlotte ed Emily. Presi in prestito Jane Eyre, rilegato in due volumi dalla copertina in stoffa verde bottiglia, con gli angoli semi smangiucchiati e scuciti, e tornai a casa.
Questa è la storia di come conobbi Charlotte e mi innamorai pazzamente di lei e della sua vita. 

martedì 19 aprile 2016

Recensione Lacrime di coccodrillo

Oggi, finalmente, ho il tempo di parlarvi di uno dei libri letti in questo periodo. Sto accumulando diverse recensioni, cosa che potrebbe anche andare bene, se non fossi tremendamente disordinata e non avessi la memoria di Dori – ciò vuol dire che se passano più di una decina di giorni, non ricordo più cosa dovevo scrivere.
In tutto questo c'è la vaga possibilità che io torni a Dublino e, posso dirlo? Mi farebbe molto piacere, un po' per vedere i posti che non ho visitato (molto pochi, in realtà), un po' per riabbracciare le persone che ho lasciato lì. E poi per la birra, ovviamente.
Vediamo, dovrò fare dei magheggi niente male ma... Insomma, le bugie bianche esistono, giusto? Giusto (convincersi è sempre bello).
Ma veniamo a noi, oggi vi parlo di Lacrime di coccodrillo di Valeria Corciolani di cui EmmaBooks mi ha gentilmente omaggiata.

Titolo: Lacrime di coccodrillo
Autore: Valeria Corciolani
Editore: EmmaBooks
Pagine: 369
Prezzo: 2,99 €
Il mio voto: 4 piume

Trama
 
Guia deve badare ai piccoli Elia ed Emma, Lucia è alle prese con la traduzione dell’ennesimo romanzo e l’agenzia di catering appena avviata le assorbe più del dovuto. Nulla però può impedire alle due amiche di preoccuparsi per Betti. Soprattutto da quando ha preso a frequentare Raul, ribattezzato non a caso fecalomo, “la vera essenza del bastardo”. Quando, dopo due giorni di inspiegabile silenzio, finalmente Betti si fa viva, è in preda al panico: il fecalomo è morto e ad ammazzarlo è stato proprio lei, con una dose eccessiva di... Guttalax!Ma Betti è tutto fuorché un’assassina e così le tre amiche – Lucia con il suo senso pratico, Guia grazie all’intuito e alla sensibilità e Betti, be’... Betti resta Betti anche in simili frangenti – si ritroveranno ad aiutare l’affascinante commissario Lanzi e l’ispettore Olivari a indagare su un caso che si rivelerà ben più di un affare di cuore. Perché Raul non si chiamava Raul, per cominciare, e aveva una moglie, un vagone di amanti e soprattutto un potente e losco magistrato come padre... In una silenziosa cittadina di mare, con l’aria salata che avvolge i colli fitti di ulivi, tra gli stretti carruggi, i moli, la spiaggia di ciottoli, proprio quando i turisti fanno i bagagli e arriva l’inverno, si arrotola una vicenda che aggancia, mescola e arruffa le vite delle tre amiche, avvolgendo nelle sue spire chiunque capiti a tiro.

La recensione  

Roberto Cairoli, figlio di una nota figura che opera nel campo edile ligure, perde la vita dopo una serie di sfortunati eventi. Nel frattempo Chiavari, piccola cittadina nei pressi di Genova, è scossa da alcune inspiegabili – e certamente originali – aggressioni che presentano dettagli a dir poco "strani".
A indagare sulla bizzarra morte di Roberto Cairoli e sulle aggressioni (che definirei sui generis) vi sono il commissario Pietro Lanzi e l'ispettore Olivari. 
Attorno a queste vicende si muovono diversi protagonisti, alcuni che rimarranno figure di contorno e altre che, invece, diventeranno i personaggi principali del romanzo. 
Tra questi ci sono Guia e Lucia, amiche per la pelle, che oltre all'amicizia condividono anche la professione: insieme, infatti, si occupano dell'organizzazione di feste private in tutti i dettagli, servizio catering compreso. 
E poi c'è Betti, amica storica di Guia e Lucia, con poca fiducia in se stessa e nell'amore che, ultimamente, ha conosciuto Raul attraverso un sito internet e per il quale si è presa una bella sbandata. Betti, lo ammetto, è un po' come me. È carina, ma mai abbastanza per piacere davvero agli uomini (probabilmente è una fan accanita di La verità è che non gli piaci abbastanza), desidera molto una famiglia e le piacerebbe avere una bambina – che chiamerebbe Bianca –, eppure eccola qui: 37 anni, single, innamorata sempre dell'uomo sbagliato, con una relazione esclusivamente sessuale con un uomo pressappoco sconosciuto.
Un uomo che, a causa dei suoi orribili comportamenti, Guia e Lucia chiamano il Fecalomo (termine che, lo dico senza vergogna alcuna, credo che comincerò a utilizzare anche io da oggi in poi) e che è spesso causa di alcuni battibecchi tra loro.

lunedì 18 aprile 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 18/24 aprile



Buongiorno e buon lunedì!
Praticamente mi sono appena alzata (mentre scrivo sono le 9 eh, che poi la gente si pensa che mi alzo alle 11 e invece non ne sono proprio capace), non so se è perché ieri ho fatto discreti km a piedi ma la sera ho toccato il letto e sono svenuta. Mi sono addormentata subito, senza neanche pensare a niente: ho messo i tappi, mi sono messa a pancia in giù e ronf ronf. Manco quelli che si imbottiscono di tranquillanti riescono così in fretta. E comunque sono più stanca di quando mi sono messa a letto, manco avessi fatto una maratona stanotte. I misteri della vecchiaia: arrivi ai 30 anni e ti stanca pure dormire. Se qualcuno conosce il motivo di questa strana cosa... Me lo dicesse.
In compenso ieri ho anche riempito il carrello de Il Libraccio: 7 libri a 29 euro, ma non me la sono sentita di procedere nell'acquisto. Ho già acquistato molto e, comunque, mi manca davvero il tempo per leggere più di così. Dovrei appassionarmi meno ad altre cose (tipo le serie) e, visto che non lavoro al momento, potrei impiegare tutto il mio tempo leggendo. Invece no, niente, mi sono anche iscritta a un corso di spagnolo, giusto per complicarmi le cose.
Basta adesso però eh, ho scritto cento righe di niente, passiamo alle uscite di questa settimana. 

E subito partiamo col botto signori miei, una bellissima copertina di un libro stile Liala degli anni '60 direttamente nel 2016! Ditemi, se non è magia questa non so cosa potremmo definire tale. 
Non so se quando hanno deciso che questa era proprio la copertina definitiva erano tutti ubriachi dopo un brunch alticcio, o se il virus dell'influenza aveva mietuto vittime in ufficio e con le allucinazioni dovute alla febbre alta questo sembrava proprio un lavorone. Non lo so, ma mi auguro ci sia una spiegazione che includa almeno un virus letale, una dosa massiccia di alcol, un'intossicazione da pesce crudo e/o una busta di funghi allucinogeni. Non accetto spiegazioni tipo "ma il grafico era in ferie, questa l'abbiamo strappata da un fotoromanzo polacco degli anni '60 e l'abbiamo appiccicata con la colla direttamente sulla bozza". No, chiaro? No. Se non ci sono prodotti o cause che hanno in qualche modo intaccato le percezioni sensoriali, visive e uditive non mi interessa, va bene?
La scheda ci dice che si tratta di un romanzo con la trama più scontata del secolo: Bilodo (ehhhhh? Bilodo? Ma che cazzo di nome è?) è un postino di ventisette anni che ama fare questo mestiere perché, indovinate? Si legge la posta degli abitanti di questo posto sperduto nel nulla. Gli piacciono un sacco le lettere che una tipa scrive a uno che a una certa muore. E lui che fa? Si sostituisce al tale morto. Io boh. Ma che ne sai? Magari quella tizia ha 200 anni e tu ne hai solo 27, che te dice il cervello? Che ne sai se puzza? Se ha i peli sul petto? L'hai mai visto Catfish? No? E allora guardatelo, che c'hai un sacco di cose da imparare e poi Nev Schulman me piace pure un sacco, trovo che abbia dei denti bellissimi. E cambiati nome che Bilodo nun se po' sentì.

Ci sono giorni in cui mi viene da piangere quando guardo copertine tipo questa. E non sono lacrime di commozione eh, attenzione, sono lacrime che piuttosto indicano una domanda esistenziale "dove andremo a finire?". Eh, non lo so mica dove andremo a finire. Fuochi d'artificio – di quelli della fontanella poi eh, manco uno spettacolo di tutto rispetto, proprio le cose dei poracci – dentro un barattolo preso direttamente dal libro di Fabio Volo o da quello di Jamie McGuire con un cuoricino disegnato sopra con un rossetto. Ma quanto romanticismo? Quanto? Senza le ombre poi (a parte quell'accenno di cui il grafico si è subito pentito), senza tridimensionalità, senza prospettiva. L'amore, e quindi il romanticismo, non ha bisogno di quelle stupide cose che governano la realtà, capite? Quando ti innamori ti senti proprio come un barattolo su uno sfondo lilla dentro il quale esplodono fuochi d'artificio. Io mi sento come un barattolo sempre ultimamente, a breve comincerò a perdere le cose importanti tipo il girovita e i fianchi, ma dentro di me non esplode proprio un bel niente (al massimo una sequela di parolacce in vista di cose come questa). Voglio sapere come diavolo vi è venuto in mente, come? Il lilla carta igienica poi, ma io boh. No, davvero, la smetto di guardarla sennò piango sul serio. La scheda ci dice che Quinn perde il fidanzato in un incidente stradale. Va a un gruppo di sostegno dove le dicono che per superare il dolore deve contattare tutte le persone che hanno ricevuto gli organi di Trent (boh, vabbè, consigli opinabili), lei le contatta tutte ma c'ha problemi con quello che ha ricevuto il cuore perché è voluto rimanere anonimo. Ma lei, che la CIA je spiccia casa a Quinn voi che cazzo ne sapete, lo trova lo stesso e in barba al KGB lo contatta. E indovinate? Lo vede e cioè va' sarà che è un po' figo, sarà che tanto ormai il fidanzato è morto, sarà che il cuore è la cosa che lei ha disegnato su quell'inutile barattolo che ha a casa, ma è subito attrazione, scintille e fontanelle made in China.

La copertina originale di Insieme a te è identica a questa, più o meno, ma ha lo sfondo bianco. Adesso la domanda è: perché la Mondadori sceglie per i libri di Sylvia Day questo fantastico sfondo Guttalax? Perché? C'è dietro un messaggio che mi sfugge? Forse è l'unico modo che ha il grafico per comunicare con l'esterno il suo disagio: "vi prego, salvatemi, non ce la faccio più a lavorare sui libridemmerda!" 
Grafico caro, mi leggi? Tesò, ma io qua posso fare anche una campagna per farti adottare ma se non metti una firmetta da qualche parte, come faccio?! 
Comunque vorrei porre l'attenzione non tanto sullo sfondo Guttalax e sul nome della Day più grosso di qualunque altra cosa al mondo (un pugno in un occhio fa meno male), quanto sulla bruttezza rara dell'anello tempestato di pezzi di vetro rossi. E sarebbe da uomo quell'anello? Allora, già i maschi con gli anelli con monete da un euro incastonate o anelli d'oro in dita tipo il mignolo e simili mi fanno ribrezzo, ci mettiamo anche ste pietre giganti? Per favore, mi sento male anche solo a  pensare a uno che è il diretto erede in trashume di Tony Soprano, figuriamoci ad averlo come ipotetico amante. Comunque, la scheda del romanzo Guttalax dice che Insieme a te è il capitolo finale di una serie di libri inutili (e questa è una buona notizia). È la storia di una tipa (non c'è scritto il nome ma comunque non è rilevante) che s'è innamorata subito di Gideon nei romanzi precedenti, hanno condiviso indicibili segreti (raga, qua robe che neanche le strategie militari a Risiko eh), sposarsi è stato un sogno (e la tomba del sesso, probabilmente), ma (copio) "la battaglia più dura sarà quella che intraprenderemo per mantener fede alle nostre promesse". Eh, amica, aspetta che comincia a perde denti e capelli e poi ne parliamo. Sei ancora all'inizio, stai solo esperendo la tavoletta del gabinetto SEMPRE alzata, i peli nel lavandino, i rasoi lasciati ovunque, i calzini nascosti nei più impensabili anfratti, quando dovrai anche cibarlo con Gaviscon e purè torna qui a dirmi che ne pensi dell'amore eterno.


Per questo lunedì è tutto, vi auguro una settimana di fuochi d'artificio e di postini Bilodo! Al prossimo lunedì.

mercoledì 13 aprile 2016

Questione di incipit #5



Ciao, buongiorno, salve. Me devo sbrigà perché devo andare in palestra e se non corro trovo Marcello – l'istruttore – che mi ammonisce con sguardo severo. Già vado in palestra a mesi alterni (e infatti se uno mi guarda pensa che la mia palestra preferita è pc-letto-poltrona-pc-letto-poltrona), se comincio anche a fare a giorni alterni nei mesi alterni, Marcello me viè a prende a casa direttamente. E mi prende a badilate in faccia, poi. E c'avrebbe pure ragione.
La scorsa settimana abbiamo fatto una pausa (ormai parlo come Otelma, salvatemi!), forzata tra l'altro. Forzata perché avevo delle cose da capire, delle decisioni da prendere e anche le letture, in qualche maniera, avevano parte nella decisione. Non volevo, quindi, decidere un altro libro brutto da leggere se non fossi riuscita a mantenere l'impegno preso con gli altri. Invece pare che io ce la faccia a mantenere l'impegno, anche se con calma. Ma voi c'avete fretta? Io no, e quindi sappiate che tutto avrà uno spazio qui sopra. Basta solo avere pazienza. Anche perché c'ho davvero una vagonata di recensioni da fare e insomma, grandi appuntamenti da questa settimana in poi.
In parte comunque ho deciso cosa fare, in parte sono ancora in forse ma non credo di dover attendere ancora molto perché mi si palesi la decisione. Credo. In fondo gli eventi mi stanno aiutando in modi che non ritenevo possibili e quindi ben venga. Mi sento un po' la Fata Morgana a parlare così criptica, c'avete ragione, ma un giorno vi sarà tutto più chiaro.
E adesso basta, basta parlare di idiozie e cosette senza senso! Passiamo, piuttosto, all'incipit del libro (uno dei seimila) che sto leggendo.

Il libro che sto leggendo, insieme ad altri quattro, è Le geometrie dell'animo omicida che ho avuto modo di conoscere alla fiera di dicembre. Avrei dovuto iniziarlo prima e avrei anche voluto, per dirla proprio tutta, ma i gruppi di lettura mi hanno così condizionata che ho letto la metà di quanto normalmente faccio. Così siamo giunti ad aprile senza che io me ne rendessi conto. Da un lato, però, sono contenta sapete perché? Perché se lo avessi letto prima, in contemporanea a tutti i libri brutti che mi sono sorbita, non lo avrei apprezzato dato che la concentrazione che avevo era al pari di quella di Dori. 
Si tratta di un giallo che, però, ha anche a che fare con il mondo dell'astrologia. Non sono un'esperta – ma proprio per niente – di astrologia, quando ne parlo lo faccio con superficialità e basandomi su quanto dice Fox – che, voglio dire, tutto il rispetto eh ma l'oroscopo giornaliero me pare tanto una baggianata. L'astrologia, ovviamente, è molto più dell'oroscopo in fondo al giornale e si basa sullo studio dei piani astrali e dei movimenti delle stelle e tutte cose che mi ricordano la mia prof di Geografia astronomica al liceo. Insomma, tutto questo per dire che trovo interessante il connubio giallo-astrologia. Ecco. 

Un turno di radiomobile come tanti

"Il distributore automatico di bevande del Comando era di nuovo fuori servizio.
«Eppure l'hanno ricaricato solo ieri!»
L'appuntato Giunti fu preso da un tale moto di rabbia che avrebbe voluto sferrargli un calcio ben assestato, se non fosse stato più che sicuro di farsi del male al piede e non ottenere nulla. Non si poteva uscire in pattuglia alle 7 di mattina senza neanche aver messo in corpo un po' di sana caffeina.
 Mentre si dannava, elucubrando su quanto la jella s'accanisse contro di lui fin dall'inizio di quell'ultimo turno di quinta, la voce del collega lo riportò sulla terra.

«Falla finita Matte'! Montiamo in macchina che ti porto a prendere il miglior cappuccino di tutta la Trinacria.»
L'altro, oramai fuori di sé, rispose malamente: «Ancora 'sta storia di Pino che fa il miglior cappuccino della Trinacria? Che palle! Ma che non lo sai che io odio il latte e la mattina prendo solo un potente caffè?».
«Ma come fai a odiare il latte, me lo spieghi? Eppure dovresti averlo preso il lattuccio da mamma, oppure sei figlio di Carmencita, l'innamorata di Caballero?».
«Che cazzo dici, Laganà! Ti sei bevuto il cervello?».
«Lascia perdere! Non eri neanche nato quando c'era Carosello. Montiamo in servizio, dai».

A guardarli da dietro, mentre si incamminavano fuori dagli uffici in direzione della macchina, non si poteva negare che fossero buffissimi: Matteo, alto e magro che camminava dondolando qua e là, Tore, tarchiato e baffuto come il sergente Garcia di Zorro. Eppure erano in gamba, dannatamente in gamba: l'intuito e l'esperienza fusi assieme in una miscela a volte esplosiva, ma molto efficace."

martedì 12 aprile 2016

Recensione Sottrazione

Ok, ok. Dopo giorni di silenzio – un po' voluto e un po' no – eccomi con una recensione. Sì, lo so lo so, ormai le recensioni normali da queste parti sono un po' démodé.
E, infatti, per rimanere avvolta dall'aura di stranitudine che mi pervade, oggi vi parlo di Sottrazione, ultimo libro di Carlo Sperduti, pubblicato da Gorilla Sapiens Edizioni qualche giorno fa (più di qualche, ma del mio ritardo parleremo più avanti in questi giorni). Quindi, bando alle inutili ciance, passiamo alla recensione.

Titolo: Sottrazione
Autore: Carlo Sperduti
Editore: Gorilla Sapiens Edizioni
Pagine: 157
Prezzo: 14 €
Il mio voto: 4 piume

Trama

Caro lettore di quarta di copertina, come in un labirinto, come tra le pareti di una catacomba, come in una casa affollata di presenze e di vuoti, di cose e discorsi sospesi e di fenomeni inquietanti, in questo libro lo spazio si deforma e restringe, allestisce tranelli, sottrae scalini, nega vie di fuga.
Questi 34 racconti, disposti in ordine decrescente di lunghezza, esprimono le infinite possibilità della narrativa breve e brevissima, a dimostrazione empirica del fatto che "scrivere per sottrazione è una moltiplicazione".

La recensione

Difficile che accada di non sentirsi in grado di parlare di qualcosa. Quando succede, spesso è colpa di una nostra mancanza nella conoscenza di un argomento, di un fatto, di un periodo storico, di un ambito.
Nel caso di Sottrazione non si tratta di mancanza di conoscenza di un argomento, ma di mancanza di "genio". Lungi da me fare sperticate lodi a qualcosa o qualcuno, chi mi conosce lo sa bene e chi non mi conosce lo scopre adesso. Quindi sì, si tratta certamente di lodi, ma non si tratta di lodi prive di alcuna ragion d'essere.
Si tratta, piuttosto, di saper riconoscere quando non si è in grado di. E io, in questo caso, non sono proprio in grado di. 
Questa sensazione l'avevo già avuta quando, durante i miei ultimi anni di liceo classico, mi ritrovai fra le mani Zazie nel metrò di Raymond Quenau. Lo trovai talmente bello che lo lessi tutto in circa 36 ore, saltando anche qualche ora di lezione da me all'epoca – e anche adesso – considerata inutile.
Se dovessi parlarne adesso di Zazie nel metrò, lascerei l'arduo compito a qualcun altro perché, come detto poco più su, so riconoscere di non essere in grado di potermi neanche avvicinare a esprimere con parole sensate l'ammirazione per un lavoro di quel calibro.
Per Carlo Sperduti, seppur non sia francese e non ci sia alcuna Zazie nel suo Sottrazione, funziona nello stesso identico modo. 
Con un uso delle parole che definire attento è forse limitativo, Carlo dà vita a 34 racconti, posizionati all'interno della raccolta seguendo il numero di battute: si parte da 18233 battute e, a fine libro, si arriva a 163. 
Una scelta che sì, può apparire azzardata e certamente un po' stramba – come più o meno tutto ciò che fa Carlo, credo sia così anche nella vita privata e non solo per quanto riguarda la sua figura di scrittore –, ma che, credetemi, funziona alla perfezione.

lunedì 11 aprile 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 11/17 aprile



Buongiorno!
Oggi è davvero un gran bel giorno, splende il sole, io c'ho sonno, dovrei fare tipo seimila cose e invece sto gingillandomi qui con voi. Vabbè, ho fino a stasera per fare ciò che devo fare, giusto? Giusto. Che poi ma anche no, ma questi sono inutili dettagli.
Questa settimana preparatevi perché ho un sacco di cose da pubblicare sul blog. Spero di riuscire a far tutto e di non sembrare sempre presente: "oh, ma n'altro post di Nereia? Che palle quella, sempre davanti al pc a fare ciùciùciùciù". Ecco, vorrei evitare di starvi col fiato sul collo, ma quanno ce vo' ce vo'. Oh. La settimana scorsa mi sono presa una bella vacanza, ho saltato Questione di incipit e ho rimandato una recensione, per questa settimana non ho scampo: me devo dà da fà. 
E poi sono contenta perché c'ho un sacco di libri belli da leggere e non vedo l'ora, perché ho letto un sacco di libri brutti l'anno scorso – ve lo ricorderete – e il fatto che al momento siano in netta minoranza non fa che rincuorarmi. Ma di ciò che leggo ve ne parlerò nel post dedicato, qua se dovemo sbrigà che mica tutti pettinate le bambole come me la mattina. E quindi, andiamo a vedè che cosa esce in libreria questa settimana.

Perché, perché? Io capisco che hai tradotto il titolo The young elite in La battaglia dei pugnali, un successo mondiale ma... Ah no, "un successo mondiale" non è il sottotitolo. Peccato che lo abbiamo piazzato subito sotto il titolo, eh mio stolto grafico?! Che stavi a fà quando hai pensato di piazzarlo proprio lì? 
Io veramente non lo so se andate al lavoro per sbaglio la mattina, dovevate andare a raccogliere pesche in campagna da vostro nonno e invece siete andati in ufficio, bendati, e avete lavorato con lo stesso spirito con il quale avete fatto la copertina di un libro sulla morte di Lancillotto.
Ma che è sta cosa, con le nuvole dietro che sembrano appena uscite da un capitolo della Bibbia? Ma poi "La battaglia dei pugnali" me fa pensà più a una cosa tipo La foresta dei pugnali volanti, mica penso a una roba young adult con epidemie e gente che di cognome fa Santoro, come quel mio compagno delle elementari e medie che non si lavava praticamente mai, manco in occasione delle feste.
Che poi, sapete, Santoro ce l'ho avuto pure come compagno di banco, perché la mia insegnante di matematica e scienze – avendo già notato che io la matematica non la capivo manco parlando degli insiemi – voleva che stessi attenta e con Santoro accanto non potevi certamente distrarti. Parlare con lui, causa la sua alitosi, era fuori discussione se non volevi raggiungere la quinta ora in fin di vita. Così, per quel breve periodo in cui siamo stati vicini, ho passato le mie giornate scolastiche attaccata alla parete come neanche i gechi sanno fare. Credo che sia iniziata proprio con Santoro la mia poca tolleranza per il caldo e il sudore, oltre che l'emicrania, ovviamente. Che poi, è proprio vero che non ti piglio se non ti somiglio sapete perché? Perché alle medie arrivò anche Rotondo, pure lui con seri problemi di saponetta, che indovinate di chi diventò amico? Ma di Santoro, ovviamente! Inutile dirvi quanto ho pregato, durante quei tre interminabili anni, di non finire mai accanto a uno dei due. Mi toccò Federico, per un periodo però, uno che piangeva sempre prima di entrare a scuola... Ah, cacchio, scusate. La battaglia dei pugnali. Vabbè, per me che ho già conosciuto uno della stirpe dei Santoro la trama è indifferente, ma voi la scheda potete leggerla comunque.

Tutto è possibile, pure che una va in giro con un mini ventilatore nascosto da qualche parte. Tutto è possibile, pure che i grafici ormai sfidano le leggi della fisica e della natura, no? Eh. Tutto ormai è veramente possibile, pure girare vestita come in un romanzo di Philippa Gregory e recarsi da Auchan a prendere le uova, no?!
Non commento neanche il braccio sinistro della tizia in tipica posizione da rigor mortis, perché che vuoi dire in merito?! Niente, che vuoi dire. Dopo i capelli che vanno dal basso verso l'alto, poi, che vuoi commentare?
Mi auguro che nell'altra mano la tizia regga un phon che sia stato cancellato dal dal grafico di turno, perché altrimenti qui abbiamo un problema serio. Io c'ho i capelli corti, a caschetto, quindi il risultato non soddisfacente potrebbe dipendere da questo, ma mi sono messa davanti allo specchio e ho fatto la prova comunque. 
E niente, i miei capelli se sto ferma in quella posizione stanno fermi, non si muovono. Cioè, poi mi fanno molto male gli interno coscia perché, voglio dire, non è proprio una posizione comodissima con le gambe semi divaricate e le ginocchia leggermente piegate, ma i capelli restano così come sono. Quindi, escludiamo la possibilità che sia la posizione a far smuovere i capelli – ma siate liberi di contraddirmi voi coi capelli lunghi eh –. Non so se possa anche dipendere dal vestito di Philippa Gregory, io c'avevo i leggins e una maglia della Coldiretti, quindi teniamo presente anche questo. Quindi ecco, da ferma i miei capelli stanno fermi. Ho fatto la prova con il phon dal basso verso l'alto ed effettivamente qualcosa si ottiene. Certo, dimenticate la sensualità, perché le ciocche dei capelli ti sbattono in faccia e ti cavano gli occhi, così alla fine stai piangendo e starnutendo in una posa da emerita idiota. Però se provate anche voi fatemi sapere. La scheda speravo mi confidasse qualche segreto sulla postura senza crampi alle cosce, ma invece no. Dice che è la storia di Laney, figlia di un uomo di fede (della madre nessuna notizia, forse era donna di fede e quindi suora e quindi era scabroso raccontarne la storia?), che ha sempre voluto sposarsi e avere una famiglia ma, dopo gli ultimi tradimenti ricevuti (li riceve come resto al supermercato, capite? "Ecco a lei, signora, 5 euro di resto e due tradimenti"), i suoi sogni si sono infranti. Un bel giorno, però, Laney conosce Jake, classico bad boy con i demoni e un passato turbolento, che non teme niente, neanche la morte, e che dice a Laney che la cintura di castità è noiosa e pure scomoda sotto i vestiti di Philippa Gregory. Quindi insieme vanno dal sarto, lui le strappa con i denti la cintura di castità e le regala una tutina in lattice su misura. Fine.

Tutto questo è molto bello. No, seriamente, è tutto molto bello. È bella la fragola, direttamente ritagliata dal volantino delle offerte del Tuodì, è bello l'arial grassetto del titolo, è bella la macchia nera sul lato destro della fragola (certo che, voglio dire, se le mettiamo ammaccate in copertina non è che ce famo proprio una bella figura), è bella la cioccolata che da un lato si vede e dall'altro... No. Perché, dimenticavo, la cosa veramente bella è la tecnica di ritaglio e incollo che io cioè veramente boh, con tanto di non ombreggiature che io qui davvero veramente super boh.
La cosa veramente bella è che c'è un altro libro che a breve uscirà con la stessa copertina ma migliore (e dici, n'è che ci voleva poi molto) che è questo qua. Ma la cosa ancor più bella è che questa copertina è così ben fatta, ma così ben fatta che l'hanno mantenuta praticamente in tutte le edizioni di questo splendido libro. Capito? Si vede che la fragola ammaccata miete cuori, proprio.
Passiamo alla scheda per favore, perché più guardo sta fragola del discount peggio me sento. Dunque, Sorprendimi – che cazzo di titolo, regà – è la storia di Björn, un affascinante di avvocato di Monaco che è sempre contento. Pure quando esce di casa, il lunedì mattina, e pesta una merda davanti al portone. Eh, che volete, c'è chi affronta la vita come meglio può. A Björn piace il sesso senza legami affettivi perché boh, je piace così. Mel, invece, è una donna piena di iniziative anche se dopo la morte del compagno predilige pure lei il sesso senza amore. Poi, per qualche motivo, Mel e Björn si incontrano e se prima si odiano poi si trovano l'uno avvolto nelle braccia dell'altra (è sempre così, no? Tu odi uno perché è un cafone e due minuti dopo hai le mutande masticabili e siete insieme nel bagno di un locale pubblico, no?). Vabbè, alla fine secondo voi, come andrà? Tra 50 libri tutti uguali si sposano sicuro.


Per questo lunedì è tutto. Mi raccomando, occhio alla merda quando uscite dal vostro portone perché la possibilità di pestarne una è sempre dietro l'angolo. Alla prossima settimana e più Santoro per tutti!

martedì 5 aprile 2016

Lo zampino dell'autore #3



Buongiorno!
Oggi mi sento buona e ho quindi voluto resuscitare Lo zampino dell'autore, quella rubrica nella quale faccio domande sceme agli autori (non necessariamente scemi) che mi va di importunare.
Nell'ultima puntata, di qualche mese fa – lo ammetto –, avevo importunato Alessandro Sesto con risultati davvero effervescenti (oggi mi sento anche creativa).
Perché, vedete, il trucco sta nello scegliere bene la persona che si reputa interessante e ci vuole tempo, gente, ci vuole tempo a scovarne qualcuna. Io, però, impavida, non ho gettato la spugna, non ho deposto le armi, non ho attuato la ritirata, NO. Ho cercato un altro autore interessevole e ho trovato Carlo Sperduti, autore di Gorilla Sapiens Edizioni.

Per chi non lo conoscesse, Carlo è un tipo alto, dal fisico longilineo e la camminata dinoccolata, con la barba e dei capelli composti come se ci fosse sempre vento, anche quando è in un luogo chiuso. Ha una risata che ti fa venire da ridere pure a te, anche se non sai perché sta ridendo. Legge un sacco bene ad alta voce, tanto che per un periodo ho pensato avesse fatto un corso di teatro. E niente, autore di un botto di roba ma ne parliamo più giù. Oppure ve li guardate qua: libri dell'esimio Sperduti.

Nereia: Prima di cominciare con le inutili domande, mi preme ricordarti che qui, su questo blog e soprattutto all’interno di questa rubrica, puoi dire quello che ti pare e nel modo che ritieni opportuno. Sentiti quindi libero di rispondere, di non rispondere e anche di mandarmi a cagare, laddove sia necessario. O non necessario.
Prima domanda. In Italia, ma spesso anche all’estero, essere uno scrittore non fa certamente guadagnare. Quando hai capito che ti sarebbe piaciuto non guadagnare scrivendo? Non so, era luglio e avevi appena ricevuto il tuo magro stipendio relativo al mese di maggio con solo due mesi di ritardo, così hai pensato che aggiungere a ciò che facevi un altro lavoro non redditizio era un modo per combattere il sistema? Hai provato, in quel momento, profonda nostalgia per tutti i giorni sprecati a fare temi in classe alle superiori? Io, confesso, faccio la blogger – altro lavoro per il quale non si guadagna manco una busta di cocce de fave – perché il cursore che lampeggia sul foglio bianco mi fa sviluppare un senso di baldanza e possanza che deve, in qualche modo, trovare sfogo.
Carlo: La domanda – spero di non essere scortese – è mal posta, poiché almeno uno dei suoi presupposti – segnatamente il fatto che io abbia ricevuto lo stipendio di maggio – non va oltre la superstizione; gli altri – se ho colto l’ironia – non si attagliano alla mia figura d’intellettuale. In più, non m’interessa tanto il mezzo quanto il fine: di fatto non ho guadagnato e tuttora non guadagno per merito delle più svariate attività, siano esse commerciali, culturali, fisiche o qualsivoglia. Insomma, un sistema lo si trova – altro che combatterlo – per questo genere di cose, a patto di non essere troppo selettivi o snob: se non si vuole guadagnare, nella vita, a volte bisogna adattarsi. Io ho sempre più di un asso nella manica, ma nella scrittura mi piace rimanere costante, anche in periodi di difficoltà creativa, perché – coi blog credo sia lo stesso – non c’è alcun pericolo di fallire. Lo faccio precisamente dai tempi delle superiori: i primi testi da cui non ho guadagnato furono proprio quei temi cui accenni. E sì, su questo hai colto nel segno, benché forse da una diversa prospettiva: non potrei non averne nostalgia.

Nereia: I titoli dei tuoi libri, compreso quello scritto in collaborazione con Predosin (Lo Sturangoscia, Gorilla Sapiens Edizioni), sono un po’ strani, ammettiamolo. Forse l’ultimo, Sottrazione (Gorilla Sapiens Edizioni), è quello che rispetto a Caterina fu gettata o Le cose inutili (Intermezzi Editore e CaratteriMobili) presenta un titolo più “normale”. La tua passione per i titoli strani è merito dell’alcol e delle droghe o è frutto di una devianza presente fin dall’infanzia e scaturita da visioni massicce di cartoni animati e possesso smanioso di fumetti e/o manga e/o giornaletti per gentiluomini e/o foglietti illustrativi del paracetamolo e/o menu di ristoranti turistici in centro?
Carlo: Come diceva don Ciccio Ingravallo, gli inopinati titoli non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Dunque l’alcol certamente; le droghe meno sovente; i cartoni animati e i fumetti, manga o meno, endovena; i giornaletti per gentiluomini no, almeno non direttamente, poiché per via immediata sono altri gli effetti sortiti; i foglietti illustrativi in genere come fonte d’ispirazione privilegiata; i menu turistici in qualità di maestri. Pur tuttavia, le concause non finiscono qui, e non in tutti i titoli esse tutte convergono, o convergono in egual misura. Insomma, lo gnommero non è mai esattamente il medesimo, ma in ogni caso appare incomodo dipanarlo, come vado a dimostrare. Caterina fu gettata è la storia di un poco di buono che inavvertitamente getta nel cassonetto la sua compagna, nomata appunto Caterina, insieme ai rifiuti; Un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi è una raccolta di racconti in cui ne compare uno intitolato Un tebbirile intanchesimo, basato su un incantesimo che rende dislessici e scritto perciò in maniera dislessica; in Valentina controvento la protagonista, per lavoro, deve inventare un macchinario contro la caduta dei cappelli a causa del vento; Ti mettono in una scatola è composto da undici racconti in cui si tenta di esplorare il concetto di scatola in tutte le accezioni, dalla più metaforica alla più parallelepipeda; Lo Sturangoscia narra delle rocambolesche conseguenze del furto dello Sturangoscia, un apparecchio contro ogni sorta di angoscia; Ne Le cose inutili una tesi di fondo, non del tutto esplicita ma facilmente rintracciabile, vuole che non ci sia nulla di utile al mondo o di realmente esistente, guardandosi bene dal considerare la cosa come uno svantaggio; in Sottrazione i racconti sono disposti dal più lungo al più corto. In effetti, non so proprio da dove mi vengano questi titoli: matassa oltremodo intricata.

lunedì 4 aprile 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 4/10 aprile



Oggi, gente, è lunedì anche per me. Succede di rado che mi senta così di malumore a inizio settimana, ma oggi sono davvero carica a pallettoni. Che poi vabbè io so' lunatica da morire, se mi girano le scatole non c'è mica sempre un motivo vero, spesso si uniscono più motivi insieme, più persone insieme, più sentimenti insieme ed esce fuori un miscuglio di malumori che ve lo lascio solo immaginare. Purtroppo il malumore quando arriva poi resta, non ci sono molte probabilità che vada via. Metteteci pure che ieri mi sono mossa (ho giocato a pallavolo – se così possiamo chiamare quell'ammasso di cose scoordinate che eravamo tutti insieme – al parco) dopo un bel po' di tempo e adesso sono conscia dell'esistenza di muscoli che neanche sapevo di avere ancora – li immaginavo atrofizzati. E ho gli avanbracci lividi. Ma vabbè, ho voluto fà la giovane, è solo che colpa mia.
Questa settimana, amici, non esce granché in libreria. Cioè, occhio, lammèrda c'è sempre, ma è spalmata nel tempo. Quindi per questa settimana poca roba, ma andiamo a vedere nel dettaglio di cosa si tratta!

Ma che è sta cosa rossa? Se è una sciarpa, è davvero una sciarpa molto brutta. Sarebbe da menare, molto e molto forte, la persona che l'ha prima comprata e poi ha avuto il coraggio di indossarla.
No, dai, non può essere una sciarpa. Quindi, che è? La criniera di un unicorno di peluche? La cintura di Capitan Ventosa? Dai, per favore eh. Se cominciamo a fare copertine random, che non c'entrano niente, pure per i thriller stiamo messi molto male.
Non so, il morto adesso me lo immagino un misto (inquietante) tra il mago Otelma e Platinette, con i capelli di Malgioglio con questa cosa in testa che è stato ucciso mentre fingeva di essere un indiano d'America. Il poliziotto islandese e miope affidato al caso, una volta trovato il morto con indosso la tunica bianca tipica di Platinette,  ha scambiato il deceduto per un idiota vestito da angelo e da questo deriva il titolo di questo nuovo thriller. Ah, no? Vabbè, però non ve sta bene gniente a voi. La trama riportata sulla scheda, ve lo dico, non è neanche lontanamente bella come la mia e, soprattutto, non ci spiega perché c'è una cosa che non si sa che è sulla neve (il tocco di classe, comunque, rimane il cognome dell'autore scritto in quel modo birichino, con la E al contrario, gente cioè ma quanta modernitudie e originalitudine). La scheda, quindi, dice che nel buio dell'inverno svedese il Ministro della Giustizia lascia il Parlamento e muore. Le ipotesi so' due: o è stato ucciso da uno degli appartenenti al gruppetto di fanatici "i politici non fanno mai un caxxo11!!!" molto attivi su Facebook, soprattutto in gruppi troll come "CONTIAMO LE DONNE SU FACEBOOK", "VOGLIAMO I CHUPA CHUPS AL MAGNUM", oppure è morto perché aveva quella cosa in testa. Non ci sono molte alernative.
Comunque raga, le copertine de sto tizio fanno schifo di ogni nazionalità eh, ci deve essere una congiura, una maledizione. Guardate qui e poi ditemi se non c'ho ragione. Poro Stefan!

Seriamente, Giunti? Cioè davvero esiste un libro con questa copertina? Sorvoliamo sul finto anticato (??), sorvoliamo sul filtro verdino (ma perché? Perché? Perché mi fate questo?), sorvoliamo sul fatto che questa, certamente, non è la foto in cui Maurizio (boh, secondo me c'ha la faccia da Maurizio) è venuto meglio in tutta la sua vita, ma cazzo NON sorvoliamo affatto sulle sopracciglia asimmetriche! Ma che è? Che sguardo da idiota ha? Cioè, Maurì, ma cambia estetista! Nun te se po' guardà con la faccia serissima (c'ha i muscoli cementati sto tipo?) e un sopracciglio dritto (poi dritto oh, non segue l'occhio, è proprio dritto come un cerotto) e l'altro arcuato. Ma era cieca la tizia che t'ha fatto le sopracciglia? Per favore, poi, te lo chiedo in ginocchio Maurì: lo sguardo miope non è sexy, sembri appena uscito da un chiusino in macchina con quei fattoni degli amici tuoi. E dire che, dato il sottotitolo, uno s'aspetta uno sguardo almeno intelligente eh. No, abbiamo preso Maurizio dopo una notte brava all'Intifada, con lo sguardo da cazzone (non in senso letterale) e l'abbiamo pure mandato da un'estetista bendata. 
Quella mosca lì poi, me sa tanto di indecisione. Maurì, o barba o niente, sta macchietta lì nun se po' guardà, pare solo che te sei sbrodolato mentre mangiavi. Comunque, la scheda ci racconta una trama davvero paurosa, secondo me la Armentrout voleva scrivere un horror e poi s'è distratta. Dice che questa è la storia di Daemon, alieno senza patria, che non voleva una vicina umana (scusa eh, stai sulla Terra fino a prova contraria, pe' il calcolo delle probabiltà era più sicuro fosse umana e non un cane, che ne pensi?). Vabbè, comunque, nonostante non volesse un'umana poi si ritrova a spiarla dalla finestra, tra i cespugli. Ehhhhh? Tra i cespugli? Oh, c'avrà pure la faccia da cazzone, ma in lui si nasconde un vero serial killer! Comunque, ovviamente poi si amano. Fine.

Ahhhh! Urlo di terrore! Un un un un... un corpo di lumaca stecchita sul marciapiede?! Un fungo secco? A me sembra uno strano insetto morto, tipo di quelli esotici, che ne so. Fanno quei programmi alle volte "gli insetti che non avevate mai visto", una cosa così.
Invece no, è una foglia. Eh lo so, c'avete ragione, c'avete ragione. Pare tutto meno che una foglia su un marciapiede, credo, con la pioggia... Piove, poco eh, solo qualche goccia, ma grossa. Che ve devo dì, piove strano nel paese dal quale arriva la foglia secca che pare un insetto strano.
Vabbè, oltre alla copertina, c'è pure il titolo che non funziona. A me oh – sarà che il romanticismo ormai l'ho completamente rimosso e ho lasciato posto solo al cinismo – me mettono ansia ste cose. Ovunque io sarò cosa, oh? Me devo preoccupà?  
La scheda ci dice comunque che Anita vive da tanti anni a Torino, ma è nata sulle Dolomiti dove deve tornare spesso, ultimamente, per via della malattia della mamma. Ogni giorno, Anita scrive una mail alla madre per augurarle la buonanotte e le racconta un sacco di cose che non corrispondono alla realtà. Io penso a mia madre che cerca di controllare la mail e niente, non ce la posso fare a pensare a questa cosa con serietà. Cioè "Ma', t'ho mandato una mail dieci giorni fa, non m'hai risposto". "E vabbè, m'hai chiamato, dimmelo a voce cosa mi avevi scritto". Ecco, fatica sprecata con mia madre. Comunque, la mamma di Anita è sicuro più tecnologica della mia e niente, in uno dei viaggi che la portano sulle Dolomiti, Anita conosce Arun un italo-cambogiano e boh, niente poi ho letto E' al posto di È sulla scheda e ho smesso di andare avanti. M'è partito l'embolo, scusate.


Per oggi è tutto, purtroppo o per fortuna. Vi auguro una bel lunedì e una settimana ricca di cespugli e di gente tra i cespugli. Daje così!


venerdì 1 aprile 2016

In my bookshelf #32



Finalmente il post di recap di tutto quello che è passato dalla mia libreria e se ne è andato e di tutto quello che, invece, è arrivato. Ovviamente arriva sempre più roba di quella che va via, non riesco a capire per quale motivo. Preparatevi, sarà un post lunghissimo, soprattutto la parte che riguarda gli acquisti perché ho fatto un ordine su Il Libraccio e sono stata al mercatino con Letture Sconclusionate e Maria (un'altra mia amica che non ha un blog), vi lascio solo immaginare. Doveva esserci anche Librinvaligia, ma lei è una persona seria e quel giorno aveva un impegno di lavoro. Meglio per lei, perché vi dico solo che Maria aveva il trolley, Simona le buste di plastica della spesa e io le shopping bag (solo perché credevo che avendo meno spazio disponibile mi sarei trattenuta. Sciocca che non sono altro).
Mi piace un sacco andare al mercatino, davvero. In realtà credo che mi piaccia un sacco semplicemente comprarli i libri. Non so perché, considerando il fatto che ne ho davvero una quantità imbarazzante da leggere in casa, ma ho sempre una sorta di terrore di sottofondo. Un qualcosa del tipo "e se poi quando voglio leggerlo devo comprarlo a prezzo pieno piuttosto che a 3 euro come oggi? Nono, meglio non rischiare". So che è irrazionale, perché te pare che non lo trovo? E poi anche se non lo trovassi, pazienza, non è che si muore a comprare un libro che costa più di 10 euro, ogni tanto. Invece no, niente. C'ho sta fissa per cui usato = irresistibile.
Hey non c'è mica uno psicologo tra le genti che mi leggono tutti i mesi? Se sì, palesati e lasciami il tuo numero, prenoto una visita.
E quindi, mettetevi comodi. Io, intanto, apro anobii (ah, vi faccio il calcolo degli euro spesi anche, perché così non pensate che io sia Becky, che spendeva fior fiori di sterline per un foulard. Becky, la tizia di I love shopping).

Ok, allora, comincio dagli acquisti fatti presso le librerie dell'usato (online e offline) perché mi è più comodo. Ho comprato Professione angelo custode di Arto Paasilinna della Iperborea. Non ho mai letto nulla di Paasilinna, devo essere onesta, e considerando anche quelli trovati al mercatino, ho voluto prendere anche questo. Piace molto a mia sorella, che comunque non ha i gusti tanto distanti dai miei, quindi mi sono fidata (nuovo costa 15,50€ io l'ho pagato 4,50).
Ho poi preso, anche se ero indecisa fino all'ultimo minuto, Il gigante sepolto di Kazuo Ishiguro praticamente perché è tenuto benissimo ed era a meno della metà del suo prezzo. Normalmente non compro gli Einaudi in copertina rigida e il motivo è semplice: considerato il fatto che li leggo magari dopo anni, poi la copertina rigida me la sbatto in faccia se il libro non mi piace. La brossura, invece, anche se cambia la copertina, posso comunque rivenderla al Libraccio. Ma vabbè, credo che questo passerà avanti a tutti i libri che ho in coda così non correrò il rischio di non poterlo rivendere (nuovo costa 20€, io l'ho pagato 8,50). Sempre di Einaudi (che ho notato non essere una casa editrice molto presente in casa mia, scelta sicuramente non casuale) ho preso Maschio bianco etero di John Niven. Non ho letto A volte ritorno, non so perché. Non l'ho manco mai neanche voluto comprare, sebbene – diamine! – sia proprio il mio tipo di libro. Non è ancora giunto il suo momento, probabilmente. Magari, prima o poi, lo prenderò in biblioteca (nuovo costa 13€, io l'ho pagato 6,50). Infine, ho preso Girl runner di Carrie Snyder – di cui Sonzogno mi aveva gentilmente omaggiata in digitale – perché mi è così tanto piaciuto che lo volevo in cartaceo (eh, lo so. Psicologo? È davvero il momento buono per palesarsi!) e Il palazzo degli incontri di John Boyne (che pare un soft porno ma non lo è, tranquilli), entrambi a metà prezzo (quindi 8,25 piuttosto che 16,50 e 7,45 anziché 14,90€).
Passiamo al mercatino – mentre scrivo tengo il conto di quanto avrei pagato se li avessi presi in una normale libreria e poi, in fondo, parleremo di quanto sia vera la diceria "i prezzi dei libri sono diminuiti e i tascabili escono 3 mesi dopo e costano 9 euro".