lunedì 25 gennaio 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 25/31 gennaio


Buogiorno e buon lunedì.
A Roma è una bella giornata, il cielo è limpido, gli uccellini cantavano quando ho aperto i miei cisposi occhietti, i ragazzi del mercato avevano acceso il fuoco e io, pochi attimi prima che il sonno mi abbandonasse, stavo sognando di passare l'aspirapolvere in una specie di scantinato con il pavimento tutto rotto e qualche piantina che spuntava dalle insenature tra i mattoni. Poi qualcuno mi dirà che significato recondito ha un sogno di questo tipo. No, perché seriamente so' curiosa.
La settimana scorsa non ho pubblicato il post che avevo in mente, chiedo perdono, ma non ho avuto davvero il tempo. Ci riproviamo durante questa settimana. Ma prima una rapida – ma manco troppo– occhiata a lammèrda in uscita questa settimana!

La corda ritagliata da La carpa giapponese: vita, morte, miracoli e volteggi del pesce più tatuato di sempre che, per chi non lo sapesse, è un giornale fantastico per gli aspiranti pescatori, può indicare che:
a) qualcuno è morto e ha imbrattato di sangue la corda con cui era legato;
b) qualcuno si è lasciato andare a pratiche di "bondage maledetto" – la nuova frontiera del bondage – e c'è rimasto secco. E sanguinante;
c) tutta la serie di questi romanzi si svolge su una barca, magari è la versione spinta di una puntata di Love Boat (orrore!).
Qualunque sia la ragione per cui la corda, sfidando la legge di gravità, è appiccicata su questa copertina con lo sputo, possiamo affermare comunque che è una merda. Va bene il nodo scorsoio – che è l'unico nodo che conosco di nome –, va bene il richiamo alla pesca, ma mi dite come fa la corda ad andare verso l'alto? Sentite, no, non c'ho voglia neanche di stare qui a parlare di robe strane come, ad esempio, I CAZZO DI CONTORNI santi numi! La corda l'abbiamo appiccicata sulla copertina dal rosso più brutto che abbia mai visto con gli occhi chiusi, eh?! Poi i contorni sono sopravvalutati, anche rendere un'immagine coerente con lo sfondo è sopravvalutato. L'arial poi, non ce la faccio più a vederlo.
E vorrei, per favore, che tutti voi vi vergognaste per non avermi fatto notare una strategia di marketing incredibile: nei romanzi "bollenti" la Newton Compton tasforma la g che ha come simbolo in un serpente: il serpente della tentazione. La vera domanda però è: perché una g? Sarà che prima era Newton Gompton? 
Ma non divaghiamo. Ogni volta che sei qui (te prenderei a chinghiate – sottotitolo dovuto), ci dice la scheda, racconta la storia di Carrie (iniziata due volumi fa) e Finn, il suo fidanzato. Carrie era una ragazza per bene, figlia del presidente del Moige probabilmente, che le rompeva le palle su tutto. Carrie il tanga è il male, Carrie i jeans attillati no, Carrie ma cosa dici? I mutandoni ottocenteschi vanno benissimo per fare ginnastica ritmica!, Carrie zumba no perché è il ballo del diavolo, Carrie, non capisco perché ti lamenti del peso specifico della tua cintura di castità in ferro battuto! L'ho fatta decorare solo per te, eccetera eccetera eccetera. Così quando Carrie arriva al college, la prima cosa che fa è cercare un sex shop e un esponente del sesso maschile. Non voglio sapè in che ordine. E niente, ora tra lei e Finn va bene, ma Finn me sa che non è troppo convinto. E infatti lui non è l'uomo (UOMO??? Hai 20 anni!) che vorrebbe essere. Poi boh, non lo so, ce ne frega davvero qualcosa?

Ogni tuo desidero è un ordine, bastardo. No, forse non avete letto bene. OGNI TUO DESIDERIO È UN ORDINE, BASTARDO. Seriamente Newton Gompton ha pubblicato un libro con questo titolo? Con un'immagine presa direttamente dal giornaletto della farmacia sotto casa mia nella parte dedicata alla lotta dei dolori premestruali?!
Mi trovo a non aver parole da spendere su Ogni tuo desiderio è un ordine, bastardo.
Non so, voi ne avete? Perché a parte sembrarmi una pecionata che fa il verso a un altro libro Newton Gompton che è Sia fatta la tua volontà – che no, non è un libro con un prete protagonista – è davvero agghiacciante! Ma che messaggio mi comunica un libro con questo titolo? A me fa pensare che la donna in questione si faccia pestare a bestia, venga umiliata, trattata come un rifiuto umano da un maschio prepotente, misogino e maschilista, il cui unico passatempo è comandare quegli inutili esseri viventi che sono le donne. 
Ma poi l'epiteto bastardo messo in un titolo di questo tipo?! Ne vogliamo parlare? Il prossimo libro si intitolerà "Quella testa di cazzo del mio boyfriend"?
Comunque, Ogni tuo desiderio è un ordine, bastardo racconta la storia, dice la scheda, di Olivia che è testarda e che vuole diventare un'organizzatrice di eventi. Lei i piedi in testa non se li fa mettere da nessuno. Poi conosce un cretino, che si chiama Devon, a cui piace comandare cani, gatti, pecore e pure donne. Lei resiste ma poi sboccia l'ammmore. E lui, magari, per Natale le regala un collare con le campanelle. 
E adesso, se qualcuno di voi mi passa il contatto Newton Gompton, scrivo subito alla redazione per suggerire il punto esclamativo dopo il bastardo. Che ce starebbe proprio bene.

lunedì 18 gennaio 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 18-24 gennaio



Buongiorno gente e buon lunedì!
Inizia per me una settimanella niente male, e anche il weekend lo è stato (in effetti). Poi boh, questo è un periodo un poco strano per me, perdo il conto dei giorni e delle ore come se fossi drogata per la metà del tempo. Devo controllare cosa c'è nel latte che mi bevo la mattina, sarà quello che mi fa perdere completamente la cognizione del tempo. O forse la disoccupazione imperante (anche se al momento faccio la freelance)? L'unica cosa certa, però, è che ogni settimana troverete delle belle schifezzuole in libreria! Altra cosa certa è, mi pare ovvio, che io sia qui ogni lunedì per segnalarvele. Così, doveste perdervi qualche uscita importante... Tranquilli, ce sto io! E non so mica se questa cosa è un bene o un male.
Frattanto, ho deciso che da grande voglio fare Carrie Bradshaw. Ora, che facciamo, c'è un modo per avverare questo desiderio? Lo faccio già in parte, è vero, ma non scrivo per un'importante testata e nessuno mi paga. Per il resto, le stronzate alla Carrie ve le racconto pure io. 
Basta però parlare di idiozie, veniamo a noi!

La devono smettere di prendere le foto avanzate a Cioè, non se ne può più! Quando lo capiranno, QUANDO, che le copertine dei libri non si fanno così? Dove è l'elaborazione del progetto grafico? DOVE? Me fanno ingrossà la giugulare quando fanno 'ste cose.
Ci vuole molto a fare una copertina? Mi rendo conto che poi bisognerebbe assumere un grafico e questo potrebbe richiedere uno stipendio di troppo, però non puoi far fare le copertine con le foto della figlia del tuo gommista che guarda le cose.
No, perché io sembro cattiva perché scusate, guardate qui tutte le copertine della Tattoo Series (e già dal nome me sto a sentì male): sempre la figlia del gommista – un po' coatta eh, diciamolo – che guarda le cose. Manco la maglietta le hanno fatto cambiare:
-"Forza, gommista girl, guarda la finestra. Brava! Ora me, ora la finestra, ora di nuovo me. Brava, e levate quel peluche che c'hai in testa per questo scatto! Ora rimettilo, ora guarda la neve, guarda me, guarda qui, la finestra, me, la finestra, me, la finestra, me..." all'infinito.
Comunque, questa serie di romanzi è bellissima perché è una serie ancor più bella di quella con i libri con le copertine fluorescenti i cui protagonisti cambiavano sempre ma, almeno, si conoscevano tra loro. Questa serie è così originale che sono tutti romanzi uguali, ma con nomi diversi di persone che non si conoscono tra loro, ma hanno i tatuaggi. È la nuova frontiera della saga: 100 romanzi con la stessa storia ma con nomi diversi di gente tatuata. Quindi, mo' scrivo subito alla signora Crownover per chiederle se scrive la storia di una blogger, tatuata, dal cuore spezzato che incontra, dal tatuatore, un ragazzo dal passato turbolento. Tatuato. E tatuatore, pure, dai. Due tatuatori nello stesso romanzo, e più gente tatuata. Diventerà la serie dei tatuatori tatuati. Ecco, i tatuaggi l'amo messi, il passato turbolento pure, perfetto. Questo sarà il seguito di Oltre i segreti e si chiamerà Oltre il presente. Fantastico! La storia di Oltre i segreti invece, dice la scheda, è noiosa: lei è infermiera e incontra colui il quale al liceo (e ancora ce pensi? Mortacci tua, MOVE ONNNN, c'hai 30 anni!) le ha spezzato il piccolo cuoricino grinzoso (tatuato!). Lui boh, forse spappolato, arriva all'ospedale dove lavora lei e boh, non si sa. Ma lui è cambiato eh, ha scoperto cose cose ma cose ragà cose cose cose sulla famiglia che lo hanno cambiato. E tatuato. Meglio la trama mia.

Non riesco, credetemi, a capire come sia stata fatta questa copertina. Non mi è chiaro, davvero, se si tratta di un'illustrazione o se, originariamente, si trattava di una foto che, modificata su Paint dal cane della dirimpettaia della mamma dello stagista, è diventata così. Perché la faccia è la faccia di una donna, un po' anni '80 e probabilmente con il naso rifatto ma è comunque quella di una donna. Non so come fa a tenere la mano in quel modo perché io ci ho provato a stare ferma per un po', ipotizzando gli scatti del fotografo – che poi, dettagli che è pure su zia – e a me è venuto un crampo tra il pollice e il polso. Ora boh, sarà che io c'ho i tendini corti, sarà pure che ormai c'ho n'età, ma la mano messa in quel modo, con il pollice che pare n'alluce, è un poco innaturale. No, seriamente, questa tizia ha un alluce al posto del pollice! O_o
Poi arriva il resto del corpo e già dal collo taurino c'è qualche problema consistente, per arrivare infine alle spalle dritte. Manco un poco spioventi, no. Dritte. Mi domando come abbia attaccate le braccia ma, forse, sono domande che è meglio non porsi. Il vestito di plastica come i guanti Vilenda, poi, è davvero notevole. Mi piace perché si vede che luccica e forse nelle intenzioni doveva somigliare al raso. Peccato che una smarmellatura di troppo e taaac, la tetta sulla sinistra sembra ben incartata in un bel foglio di plastica. Sembrano pure esageratamente alte queste tette, no? Più la guardo, più robe mostruose trovo. Vediamo la storia, stando alla scheda: lui, cantante famoso, poi problema alle corde vocali, poi abbandono del mondo della musica e tutte le lagne che ne conseguono. Lei, prima signora nessuno ma da quando s'è lasciata con il lui di cui sopra è diventata una pop star (mah, uno se lascia col fidanzato e inizia a cantare. Va bene) e ha appena annunciato il proprio fidanzamento con il suo agente. Lui, non l'agente ma l'ex cantante, sa che quando si incontreranno non potranno fare a meno di saltare l'uno sull'altra – in senso erotico – e quindi se la vuole riprendere – sia in senso erotico che in senso pratico. E poi, ovviamente, lui conosce dei terribili segreti su di lei. TERRIBILI, gente, TERRIBILI. Sentite, se conoscete qualcuno che legge 'sti libri, me dite che terribili segreti so'? Per favore.

venerdì 15 gennaio 2016

Recensione Gulasch di cervo. Caccia al tesoro nel cuore della Baviera

Titolo: Gulasch di cervo. Caccia al tesoro nel cuore della Baviera
Autore: Graf & Neuburger
Editore: Emons
Traduttore: Antonella Salzano
Pagine: 304
Prezzo: 12,50 €
Il mio voto: 4 piume

Trama

La blogger Ljuba, la studiosa di storia Marjana e l’ex eroe dei tempi di Chernobyl Viktor sono l’improbabile e spassoso terzetto lanciato alla ricerca del tesoro di Hitler ancora sepolto tra le montagne bavaresi. I tre, inseguiti da killer di mafia e trafficanti di banconote false, attraversano l’Europa tra alberghi extralusso, scarpe di Prada, fughe spericolate e calate in grotta alla ricerca del loro personale Eldorado. Puntuale e documentato su avvenimenti storici poco noti, al tempo stesso avvincente ed esilarante nel concatenarsi delle vicende e nella costruzione dei personaggi, il romanzo ci fa attraversare l’Europa e la sua storia novecentesca con intelligenza e ironia.

La recensione

Ho acquistato questo libro esclusivamente per merito della sua copertina. Ero in centro, con un amico, e stavo guardando inutili romanzetti per signora perché questo mio amico doveva fare un regalo. Qualunque cosa meno "scontata" gli proponessi, rispondeva che no, era un libro troppo complesso per la lettrice in questione. Stavamo lì da circa mezz'ora e non facevamo altro che distrarci, guardando cose che sarebbe piaciuto leggere a noi.
Dopo aver trovato il libro per questa signora, che ho assolutamente rimosso dalla memoria, mi sono voltata perché distratta da un rumore e il mio sguardo è andato sulla parete di fronte: era piena di Gulasch di cervo. Piena di teste di cervo che, piazzate su uno sfondo conigliettoso, mi guardavano. E mi sono innamorata.
Mi accade di rado che i libri di cui mi sono innamorata a prima vista, poi siano in effetti i libri di cui ho bisogno in quel momento. Spesso prendo delle cantonate, altrettanto spesso il libro acquistato di getto non si rivela bello neanche la metà di quanto avevo sperato. 
Non è successo con Gulasch di cervo di due autori, Lisa Graf & Ottmar Neuburger, che ammetto di non aver mai sentito nominare. Eppure, pare che Lisa Graf – in barba alla mia ignoranza – abbia già scritto ben cinque romanzi prima di questo. Dalla mia posso dire che non conosco il tedesco e ho letto davvero pochissimi libri appartenenti alla letteratura tedesca, una mancanza che mi toccherà colmare prima o poi.

Gulasch di cervo dovrebbe – condizionale necessario! – essere un giallo tedesco, dice anche la collana all'interno del quale il romanzo è collocato. Ma questo, secondo me, è invece vero solo per metà.
Di romanzi gialli ne leggo davvero pochi, perché succede spesso di incappare in intrecci che reputo banali dati gli anni di allenamento grazie a tutti i CSI e i Law & Order che potete immaginare, ammetto quindi che comprare questo libro è stato un po' strano per me; ma la sensazione che si sarebbe rivelato ciò di cui avevo bisogno in questo momento era troppo forte per ignorarla.
Quindi, giallo o no, l'ho portato in cassa con me. E ho fatto bene.
Perché, appunto, Gulasch di cervo è un giallo solo per metà; è vero, c'è un delitto, che non sappiamo bene come sia avvenuto e per quale motivo fino a più o meno metà romanzo (anche se un po' lo sospettiamo con l'andare degli eventi), e ci sono anche le indagini, certo, ma credo che sia più corretto dire che si tratta di un romanzo. Un romanzo con delitto.
E infatti, quello che mi incuriosiva di più e che mi spingeva a fare tardi leggendo – e che mi ha fatto mandare a monte la lettura condivisa che facevo con quello screanzato del mio amico di cui sopra – non era scoprire in che modo e perché il morto era effettivamente morto, ma capire quale sarebbe stato il destino di Marjana, Ljiuba e Viktor.  Ce l'avrebbero fatta a trovarlo, questo benedetto tesoro o sarebbero morti di vecchiaia nel tentativo di imparare a barcamenarsi tra grotte e scalate? 

mercoledì 13 gennaio 2016

Recensione Indecenze. Kastrato

È giunta l'ora di cominciare a parlarvi, man mano, di tutti i libri che ho portato a casa nei mesi di novembre e dicembre, un po' perché non posso continuare ad accumulare senza ritengo, un po' perché l'unico dei miei buoni propositi del 2016 è quello di smaltire alcuni dei libri (fisici e non ebook!) che ho in casa e non ho ancora letto, senza lasciarmi distrarre da acquisti più recenti, libri presi in biblioteca eccetera eccetera. Ma veniamo a noi e a Indecenze!

Titolo: Indecenze. Kastrato
Autore: Arkas
Editore: Lavieri 
Pagine: 64
Prezzo: 7 €
Il mio voto: 3,5 piume
 
Trama

Cosa fa una giovane gatta colma di pulsioni erotiche in una casa in cui le sole cose che ricordano il genere maschile sono un gatto castrato e una vecchia fotografia? Soffre naturalmente! Crisi di ira devastatrice e humor spietato sono gli unici sfoghi rimasti a Lucrezia, la malcapitata gatta, per affrontare quotidianamente il suo duro destino... "l’unica cosa dura in casa!". Ma se Kastrato non può provvedere ai suoi bisogni (pazienza, "non si può avere qualcosa da chi non ce l’ha"), almeno provasse a comprenderla! Il peggio è che il pacificato felino, tali bisogni, non riesce e non vuole proprio capirli: lui vive felice adorando la sua padrona e Chopin (eseguito con dubbia maestria dall’anziana signora). Nient’altro sembra interessare Kastrato perché, come osserva Lucrezia, niente può più rompergli... la pace dei sensi.

La recensione

Generalmente non leggo fumetti e, ammetto, di non averne letti tanti. Ho avuto una passione per Nana, il manga di Ai Yazawa, bruscamente interrotto dalle cattive condizioni di salute dell'autrice – ahimé – e mai mi sono più avvicinata a nulla. Non credo che gli storici post del lunedì di Zerocalcare, quando ancora non era lo Zerocalcare di oggi, valgano in quanto a conoscenza fumettistica, vero?
Comunuque, questo non mi vieta di avvicinarmi ad alcuni editori e ammirare le illustrazioni, tipo Tunué, ad esempio, ma resta il fatto che non sono certa di come parlare di un fumetto e come recensirlo. Oggi, però, cercherò di parlarvi nel miglior modo possibile di un fumetto pubblicato da Lavieri e da me sconosciuto – perché, davvero, non lo conoscevo – a Più libri più liberi 2015: si tratta di Indecenze, scritto da un signore che si chiama Arkas.

Indecenze è un volumetto, di circa 70 pagine, che vede come protagonista Kastrato, un gatto sovrappeso e, appunto, castrato, la sua padrona, una vecchietta in fissa con il pianoforte e la fotografia dell'ormai defunto marito e Lucrezia, una gatta ninfomane e insoddisfatta.
Non conoscevo Arkas, probabilmente per la mia quasi immensa ignoranza nel campo dei fumetti, ma a quanto pare nessuno sa chi sia, né che faccia abbia; si sa solo che si tratta di un fumettista greco e che probabilmente è originario di Atene.
Oltre alla serie che riguarda il povero Kastrato, Arkas ha disegnato anche la serie di Montecristo, che vede come protagonista un topo gigante – sembra una delle pantegane del Tevere – che vive all'interno di un carcere e, suppongo, non fa che infastidire i carcerati e Voli radenti, di cui sono protagonisti un uccellino e il padre (e uno dei due è sicuramente cattivo).
Sì, perché a quanto mi pare di capire dalle tavole che ho trovato su Google, in ogni fumetto realizzato da Arkas, almeno un personaggio è cinico e cattivo.

Nel caso di Indecenze, il personaggio cinico è proprio Lucrezia, la gatta a cui piacerebbe dilettarsi in attività sessuali e che, purtroppo, non può perché l'unica presenza maschile in casa – oltre alla fotografia del marito morto della "vecchiaccia" – è Kastrato, il gatto meno interessato al sesso che abbiate mai visto. Povero Kastrato, in fondo non è mica colpa sua se la vecchia ha preferito castrare lui e non sterilizzare anche lei. Ciò che infastidisce ancor più Lucrezia è che non solo Kastrato non riesce a soddisfare le sue richieste fisiche (perché non può!), ma non riesce neanche a comprenderla dato che, piuttosto che nutrire interesse per le riviste porno che lei si diletta a sfogliare, trova piacevole ascoltare l'anziana signora che suona al piano (con dubbia maestria) le opere di Chopin, Mozart e Beethoven.
Con battute sprezzanti e, spesso, anche un po' troppo cattive – quelle dedicate alla padrona, almeno – Lucrezia non fa che far notare la sua insoddisfazione e il suo senso di frustrazione per una vita che non ha scelto di vivere.Ciò che le rimane, come lei stessa non fa che fare presente, sono giusto il cinismo, lo humor nero e... le riviste porno!
Quello che mi piace di Kastrato, oltre ad alcune tavole tipo quella di cui vi mostro la diapositiva qui a lato, sono proprio i disegni perché
sebbene siano molto semplici – quasi stilizzati, direi, considerando i tratti fisici dei due mici ad esempio – rendono perfettamente l'idea. Le espressioni di Lucrezia la fanno proprio sembrare una gatta acida e irriverente, così come fanno sembrare Kastrato rassegnato nel suo sovrappeso. Il tutto è narrato in modo leggero, senza mai essere volgare o spiacevole.

Mi toccherà approfondire la conoscenza dell'universo dei fumetti! Qualche consiglio? :)

lunedì 11 gennaio 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 11-17 gennaio



Persone, buongiorno!
Oggi è un gran bel lunedì di merda perché non solo ci si sta ancora cercando di riprendere dalla consapevolezza che le prossime vacanze sono a Pasqua e durano 'na miseria, ma anche e soprattutto perché torna Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo.
Sentivate la mancanza? No, probabilmente, ma io ormai ci ho preso gusto e quindi vi comunico lo stesso i fantasmagorici libri in uscita questa settimana. Pronti? State già allenando i polpacci per fare una corsa in libreria? State riscaldando i muscoli delle vostre tozze ditina per digitare il pin del bancomat più velocemente? Bene, bravi, non dimenticate di creare scompigli chiedendo titoli completamente a caso ai commessi, perché è sempre un piacere infastidire il prossimo.
Ma basta con questi brutti discorsi, cominciamo a vedere cosa l'editoria italica ci offre in questa settimana! Purtroppo le uscite sono ancora poche, rimpiango i bei tempi in cui uscivano addirittura 5 libri degni di nota! Speriamo che ricomincino presto.

Quando ho visto questo sopraffino lavoro di grafica mi sono domandata se avessi già visto questo libro in giro perché, guardandolo – oltre a esperire stati di nausea e capogiri – ho anche questo forte déjà vu... Avrò già segnalato questa caga... ehm questo libro? È uscito più volte in un anno? No, per fortuna non siamo ancora arrivati a questi livelli. In realtà è un libro nuovo, ma la copertina di quello precedente a questo – perché ovviamente ormai non ci sono più libri erotici se non a puntate, mi domando quando lo faranno coi porno cosa succederà, tre film prima che il protagonista si porti a letto l'infermiera –  ha lo stesso "concept" (chiamiamolo così per cercare di dare un peso specifico non indifferente a questa rubrica). Il volume precedente, che si chiama Scommessa indecente (ahahahaha è troppo bello questo titolo!) lo trovate qui.
Che dire, l'arial, i bicchieri di vetro che sembrano quelli in plastica di mais delle feste dell'Unità, i dadi smarmellati nel bicchiere a destra (???), le possibilità infinitesimali che mettendoli nel bicchiere a caso indicassero lo stesso numero... Di che vogliamo parlare? Della raffinata tecnica per imitare la prospettiva? Un bicchiere lo fai più grosso e l'altro più piccolo così sembrano in prospettiva?! Vediamo la trama per favore, sto lacrimando sangue in pratica.
La protagonista femminile dello scorso libro era Brontë e mi aveva fatto riconsiderare il machete come arma per uccidere il prossimo. Leggendo la scheda di Troppo bello per dire no scopro che per fortuna della tizia di cui non dirò il nome altrimenti verrò pervasa nuovamente dalla voglia di imbracciare il machete non c'è. Ma ci sono ancora i 6 tipi ricchissimi che giocano a carte in un club troppo esclusivo. Ma siete in 6, giocate a casa vostra! C'hai bisogno di un club? Solo in 6 poi? Se ne ammalano due ed è subito noia. Comunque, questo capitolo della saga ci racconta la storia di un altro dei 6 che ha il passato troppo segreto e c'è una che per campare gli va a fare da cameriera e quando lo vede pensa: "Amazza se è bono, che faccio gliela do"? Fine.Voglio però porre l'attenzione sulla frase che Newton Compton riporta subito sotto la trama, una frase davvero di classe "Gli uomini possono avere soldi e potere, ma una donna può sempre metterli in ginocchio". Scusate, vado subito a farla stampare su delle shopping bag questa frase, me pare idiota come "ci sentiamo su whatsapp" che ormai spopola sulle maglie de merda.

Ragazzi, io guardo il pollice di lei e non riesco ad articolare frasi dotate di significato. Che pollice ha? Perché da un lato è piatto? Amica, ma poi che cosa ti metti al posto dello smalto? Lo stucco per legno?! Io proprio non lo so. 
Ma poi lui, a parte smarmellato a dovere per sembrare invisibile (sto per piangere e non è commozione), che altri fottuti problemi fisici ha? Le proporzioni mandiamole a casa, mi raccomando! Lui, in pratica, è tutto testa. Il resto del corpo non ha importanza. Del collo, ovviamente, si vede solo un quadratino e poi comincia subito la camicia. Cosa ha, la camicia a collo alto per caso? Lei in canotta e lui con la camicia a collo alto. Si usa così nell'universo di questi due deficienti. Lui sfigato come pochi, lei non si è ancora ripresa dalla visione dell'ultima puntata di Dowson's Creek ed è nel pieno del periodo "wannabe Joey". 
Lo sfondo e la completa assenza di tridimensionalità e ombre non li commentiamo per niente, vero? Risparmiamoci anche il font utilizzato, che è lo stesso che si usa per gli elenchi telefonici in pratica.
La scheda dice che questo libro è IL bestseller del New York Times, come qualunque libro Newton Compton decida di pubblicare – c'avranno un bestseller al giorno, che ve devo dì – e parla di lui che è invisibile perché maledetto (??) e lei che vorrebbe esserlo ma non lo è. Invisibile intendo. Perché se non vieni visto non vieni ferito, dice. Maccheccazzo vuol dire? Se non vieni visto magari te investono quando attraversi, quindi muori direttamente, senza passare dall'essere ferito. Sveja tesò!
Joey comunque un giorno lo vede e lui vede lei ed è amore, tra maghi e stregoni. E poi quando pensi che sia tutto finito, leggi sotto che questo libro unisce il realismo magico alla realtà e ti senti un poco morire. Realismo magico, questa roba qua. Va bene. Andrea Cremer e David Levithan, per favore, cercate di diventare invisibili prima di scrivere un altro libro perché se siete invisibili non rischiate di essere feriti da me.

Per questa puntata è tutto, vi auguro una settimana all'insegna dell'invisibilità e una pioggia di dadi smarmellati!

venerdì 8 gennaio 2016

In my bookshelf #29


Finalmente il blog, dopo il periodo natalizio, riparte con la sua solita programmazione. Oggi è il primo venerdì del mese e quindi è il venerdì di In my bookshelf! 
Questo è un periodo un poco strano, ho preso diversi impegni "letterari" e non so se riuscirò a portarli a termine tutti dato che al momento sto facendo un lavoro da freelance. Ma vabbè, ci si prova. 
Dunque, parliamo del mese di Dicembre, ché altrimenti questo post diventa lungo un paio di chilometri e magari qualcuno di voi c'ha anche da fare, piuttosto che stare qui con me.

Ho comprato un botto di roba nel mese di Dicembre, ma è tanta anche quella che mi è stata omaggiata dalle case editrici in occasione della Fiera di Più libri più liberi alla quale, se ricordate, ho partecipato con il progetto #BlogNotes15 (qui resoconto).
Presenterò velocemente i libri presi in Fiera, considerando che ve ne ho già parlato abbondantemente nel post dedicato. È vero che non sono più giovane come un tempo, ma al momento la mia memoria a breve termine sta messa bene e penso proprio pure la vostra, per cui la ripetizione è superflua.
Ho comprato Caravanserraglio di Francis Picabia, letto per lo scorso gruppo di lettura che si tiene al Klamm. Letto e boh, non particolarmente apprezzato. Non è un romanzo e non è un saggio, ma un qualcosa a metà tra i due, con tanto di critica della società e delle persone che popolavano la realtà di Picabia. Temo che per chi non è appassionato dell'epoca e del dadaismo sia una lettura un po' dispersiva e noiosa. Ma ovviamente questa è la mia opinione personale, che conta quanto il pluviscolo nell'universo.
Ho poi comprato Panorama di Tommaso Pincio, che è stato così caruccio da farmi il disegnetto, Voltaire light: il nuovo dizionario filosofico una raccolta di racconti pubblicata da Gorilla Sapiens Edizioni, La penultima città di Piero Calò (che è diventata una lettura condivisa che chissà quando riuscirò a fare, ma non demordo), L'erba nera e Tranquillo, fratello di Alex Wheatle di Edizioni Spartaco perché mi piaceva la copertina e la trama del secondo. Poi gli Spartachi mi hanno detto "se prendi questo ti tocca pure l'altro" e quindi... E quindi vabbè. Come vedete sono una donna di polso, difficile proprio convincermi a fare le cose. Poi allo stand Spartaco non è che mi trattenga più di tanto, in genere.
Una spiaggia troppo bianca di Stefania Divertito, preso tra i libri al buio allo stand NN. Le case editrici mi hanno omaggiata, invece, di La straordinaria tristezza del leopardo delle nevi di Joca Reiners Terron e di Alle fanciulle e alle figlie del popolo di Anna Maria Mazzoni, grazie Caravan Edizioni, grazie grazie. Tra l'altro Alle fanciulle e alle figlie del popolo prevedo di leggerlo davvero a breve perché è interessante assai e poi mi offre davvero un ottimo punto di partenza per quella rubrica che ho in mente da un pezzo. Indecenze di Kastrato, un fumetto pubblicato da Lavieri di cui vi parlerò prestissimo e cioè la settimana prossima, La carne di Cristò che si trovava in anteprima in fiera e che dovrebbe uscire a giorni in libreria e Le geometrie dell'animo omicida di Monica Bartolini. 
Indipendentemente dalla fiera, ho ricevuto, a fine novembre in realtà, Deserto americano di Claire Vaye Watkins per il gruppo di lettura di Neri Pozza – che ho quasi terminato e che, posso dire, non mi ha particolarmente entusiasmata – e poi, dato che nessuno a Natale aveva pensato di comprarmi alcun libro, mi sono premiata (perché ne avevo pochi in casa, no?) con The dome di Stephen King e Ho tentato tre inizi, una raccolta di lettere scritte da Charlotte Brontë. 
Con gli acquisti ho terminato, per fortuna, e credo che nel mese di gennaio dovrò darmi una regolata perché continuo a essere senza libreria (spero non per molto tempo ancora!).

lunedì 4 gennaio 2016

Ciarlando allegramente di... #13

Buongiorno!
Sì, vabbè, basta con questa allegria che non ci credo neanche io. Ho finito di guardare Sense8 – serie tv Netflix – che ho divorato in circa 24 ore e mi sento come un vuoto dentro. Bello Netflix, molto bello, però per colpa sua ho visto una miriade di altre serie che avrei fatto bene a non cominciare. Per fortuna vivo in un posto con un clima decente, fossi stata in Islanda sarei morta dentro casa, spaccandomi di serie tv e mangiando solo cibo spazzatura.
Dunque, ho diversi libri di cui parlare ma recensirli tutti era pressappoco inutile perché sono tanti e perché nessuno mi è piaciuto davvero per cui... Direi anche per fortuna, che qua sennò cominciavo a preoccuparmi, dovevo chiudere il 2015 con la maggioranza dei pochi libri letti che non mi era piaciuta, sennò non andava mica bene. Ne ho scelti tre, gli altri magari li nominerò in In my bookshelf, giusto per rendervi partecipe di ciò che ho letto nel periodo in cui non sono stata molto presente.
Andiamo con ordine e per fortuna che ci sta Anobii ad aiutarmi, sennò il rincoglionimento la faceva da padrone e stavamo qui a parlare delle tecniche di coltivazione del timo e degli involtini di pollo e porcini (che comunque vengono bene anche con il tacchino, giusto per dire).

Allora, ho letto Un segno invisibile e mio di Aimee Bender, soprannominata da me Aimeeh Bender, considerando che il suo romanzo è stato proprio un meh. Sia chiaro, non è affatto brutto, né mi è pesato leggerlo, anzi. Considerando che ci ho messo un tardo pomeriggio e una sera per terminarlo (si tratta di circa 300 pagine, forse qualcosa in meno), interrompendo la lettura solo per mangiare, significa che qualcosa deve avermela comunicata, altrimenti me lo sarei portato dietro per mesi.
È la storia di Mona, una ventenne con la passione per i numeri e la matematica che diventa insegnante della scuola elementare della sua città. Sarebbe tutto normale se non fosse che Mona, ogni tanto, si comporta in modo un po', come dire, strano e compie delle azioni che, mentre leggevo, mi hanno fatto seriamente pensare: WTF? (SPOILER: tipo mangiare il sapone – senza motivo apparente – fino a vomitare. Ragazzi, dico, seriously? Cioè, capisco l'autolesionismo – no, attenzione, non è che lo giustifico né penso sia normale ma purtroppo è una realtà che riguarda più persone di quanto crediamo – ma qui non viene approfondito, rimane tutto un po' come un comportamento fuori dagli schemi per boh, motivi generici). Insomma, più volte mi sono ritrovata a dire al libro "Seriously Aimeeh, seriously?" con quella faccia lì che vedete in diapositiva. Ho meno sopracciglia però io eh.
Ciò non toglie che alcune immagini che la Bender regala al lettore siano molto belle e toccanti tanto che, alcune volte, mi sono anche commossa (e commossa davvero, con la lacrimuccia!). Certamente alcune parti mi hanno portata a riflettere sulla natura delle relazioni umane, sulla qualità della vita che viviamo e se, in effetti, in questa vita ci sono mai dei momenti che meritano un numero superiore al 50. Su una scala che va da 0 a 100, quante volte ci siamo sentiti 99? Dei momenti che ricordo, in pochi ho superato il 50, in rarissimi casi ci aggiriamo attorno al 70. Interessante, anche, l'ingenua – che poi, sarà ingenua? – cattiveria dei bambini che più piccoli sono, più egoisti e crudeli sono. Per fortuna, poi, fanno i conti con gli altri esseri umani e imparano l'altruismo e la gentilezza – pure che spesso non è sentita ma solo di facciata.
È un libro che si lascia leggere, anzi la definirei anche una piacevole lettura, ma non l'ho trovato il capolavoro di cui tutti parlano. Forse, mi sorge il dubbio, ormai sono un po' io che non apprezzo più quello che leggo. Dopo un anno di libri meh o brutti sono così satura che qualunque cosa legga mi lascia indifferente o mi indispettisce. Chi lo sa?

La vita accanto di Mariapia Veladiano. Io dico che boh. C'è questa bimba bruttissima, ma così brutta che aiutateme a dì brutta, che non riceve affetto dalla madre e manco dal padre. Avrà un'unica amica e per fortuna suonerà il pianoforte sennò questo libro lo avevamo terminato di scrivere alla quarta riga. Boh. Resto proprio boh alle volte e non so proprio che dire. Solo boh.
Vincitore del Premio Calvino 2011 e addirittura finalista al premio Strega 2011. Perché?, ti viene da chiederti dopo averlo letto. E la risposta è sempre boh.
Sono le esperienze come questa (e quella con Malvaldi) che non mi fanno venire la curiosità di leggere molti autori italiani (a parte quelli che so già che mi piacciono, tipo Luca Tarenzi o gli autori Gorilla Sapiens) e che mi fanno sempre storcere il naso davanti a casi letterari senza eguali "il nuovo capolavoro di Margaret Mazzantini!". Te prego, no grazie.
La vita accanto, almeno, è scritto molto bene e il personaggio di Lucilla è adorabile nel suo essere paurosamente donna già da bambina. Molte aspetti, troppi, restano solo accennati e non approfonditi. Mariapia Veladiano ci ha provato, ma non abbastanza. Forse, in fase di stesura, ci ha ripensato e piuttosto che farne uscire fuori un libro, si è fermata al racconto lungo (saranno boh, 170 pagine in tutto?). Poi ha deciso pure di lasciarlo incompleto.

Arriviamo adesso alla più grande delusione di sempre. Quanto ci so' rimasta male? Quanto? Troppo. Non me lo aspettavo, con quella copertina, quell'argomento, quel periodo storico. Eppure niente, non è stato amore, ma profondo odio.
Mi riferisco a La melodia di Vienna di Ernst Lothar con votazioni su Anobii e Goodreads così alte che mi fa pensare che sia io ad avere qualche problema. Che non è da escludere, ovviamente.
C'è da puntualizzare una cosa importantissima intanto: Dowton Abbey – che io adoro! – non c'entra assolutamente nulla. Ma niente, credetemi, NULLA proprio. È la storia, questa, della famiglia Alt che produce pianoforti e che vive al numero 10 di Seilerstätte, a Vienna. La loro storia parte dalla prima guerra mondiale e arriva al nazismo di Hitler. Il tutto con una bella dose di noia e freddezza nei personaggi che non vi dico. Ho fatto una fatica enorme a terminarlo, lo leggevo così come avrei letto un saggio sulla gastroenterologia: senza curiosità. Nessun interesse neanche per un "mistero" che succederà circa a metà libro, il disinteresse totale per la vita di più della metà dei personaggi. Il coprotagonista – perché, essendo una saga famigliare il protagonista della prima parte del romanzo è Franz – Hans è praticamente la reincarnazione di #mainagioia, come in realtà tutta la famiglia lo è. In effetti anche quel poveraccio di Franz è un po' #mainagioia, considerando la sua devozione per la sua sposa, Henriette, per la quale io ho provato un solo sentimento: profonda pena. Pena perché incapace di essere non dico esattamente una bella persona, ma almeno passabile. Pena perché una persona che ha paura delle proprie azioni e dei propri sentimenti e che, per codardia, si nasconde dietro un'altra persona non può che farmi pena. Ecco, diciamo che dopo le prime 50 pagine in cui ho provato pena per questa donna, ho poi completamente perso interesse. Nella lotta Lothar versus Noia ha vinto Noia con un KO sensazionale. Di questo libro, però, vi linko anche la recensione di qualcuno (qui) che invece l'ha trovato bello, magari so' io che – appunto – ormai non trovo piacevole nulla.

E adesso insultatemi pure, dato che ho distrutto 3 dei libri con le votazioni più alte sulla faccia della Terra, io intanto vado subito a cercare un altro libro da leggere e da non farmi piacere.