martedì 29 gennaio 2013

Recensione: La ragazza del libro dei fuochi

Finalmente ho terminato la lettura di questo libro. Difficile dire perché l'ho vissuta come un supplizio, ci sono diversi motivi e il principale è che ha troppe pagine. Decisamente troppe. Speriamo che la mia lettura successiva sia un libro degno di questo nome, ne ho davvero bisogno!
Come potrete notare ho delle immagini belline belline belline, nuove nuove, che utilizzo come sistema di rating. Purtroppo ho dei seri problemi con Blogspot perché io odio lui e lui, di rimando, odia me. Per cui, per il momento, le piume sono messe un po' a caso, dato che il template si rifiuta di far decidere a me a che distanza devono stare tra loro. Ma a cosa serve lavorare in un'agenzia di pubblicità per il web se non si ha tra le conoscenze un bel programmatore? E quindi chi se ne frega, non appena lo vedo me lo faccio sistemare e tiè, prenditela proprio là, brutto ceffo di un blog che non sei altro!

Autore: Jane Borodale
Titolo: La ragazza del libro dei fuochi
Prezzo: 14,00 €
Editore: Leggereditore
Pagine: 445
Il mio voto: 2 piume

Trama

Londra 1752. Fra i vicoli umidi di pioggia si aggira la giovane Agnes Trussell, in tasca una manciata di monete rubate, nel grembo un bambino che non vuole. Ma una porta si apre nel buio e Agnes si ritrova ad accettare un impiego come apprendista in un laboratorio di fuochi d’artificio. Mentre impara a muoversi in un mondo fatto di polveri esplosive, tentativi e gesti prudenti, la ragazza conquista lentamente la fiducia dell’enigmatico e scorbutico John Blacklock e si unisce alla sua missione: quella di creare i fuochi più spettacolari che occhio umano abbia mai visto. I mesi scorrono e per Agnes diverrà sempre più difficile custodire il suo segreto. Possibile che nessuno abbia intuito qualcosa? E cosa si nasconde dietro gli sguardi ambigui di Mrs Blight, la governante che segue ogni sua mossa? Il tempo scorre, e i segreti di Agnes non rimarranno tali per sempre... la rovina sembra inevitabile... Jane Borodale ha la capacità di far emergere la complessità dei rapporti umani come solo le sorelle Brontë sono riuscite a fare. Il suo ritratto della Londra dell’epoca è indimenticabile, dalle strade sudicie dei bassifondi, agli interni polverosi di una casa dove nulla è ciò che sembra.

La mia recensione

La ragazza del libro dei fuochi, ovvero la ragazza del libro di grammatica perduto

La ragazza del libro dei fuochi è un romanzo che, tutto sommato, aveva del potenziale, un gran potenziale. La trama, piuttosto semplice e molto lineare, si concentra sulla vita di una povera contadinotta dell'Inghilterra del 1700. L'ambientazione, lo ammetto senza vergogna, è l'unica cosa che mi ha spinta a comprarlo. Mi incuriosiva che, per una volta, le vicende riguardassero una ragazza dalle umili (e disgraziate aggiungerei) origini e non le vicende amorose di una nobildonna. Agnes è una ragazzina, di appena 17 anni, nata e cresciuta nella umida e piovosa campagna inglese che si procura da vivere con i pochi mezzi che ha a disposizione: agricoltura e allevamento. Come spesso accadeva all'epoca (e anche per colpa di un'ingenuità di fondo forse dovuta all'ignoranza), Agnes rimane incinta a causa di una violenza (mettiamola così) subìta. Un pensiero, da quando si rende conto di essere in dolce attesa, la tormenta: non disonorare la famiglia. Con grande dolore, quindi, decide di abbandonare i suoi famigliari e andare via, in cerca di una sistemazione migliore. Ruba delle monete d'oro, monete che ci perseguiteranno per tutta la durata del libro, e dopo un viaggio estenuante, giunge a Londra, dove diventa assistente di John Blacklock, uno scorbutico e silenzioso signore che possiede un laboratorio di fuochi d'artificio. E fin qui tutto ok, nulla da dire (insomma, qualcosa da dire ci sarebbe ma non posso dire nulla senza farvi inciampare in uno spoiler, quindi tralasciamo). 
Prima di ritrovarsi a bussare alla porta di John Blacklock, Agnes fa la conoscenza (durante l'interminabile viaggio che dura qualcosa come una settantina di pagine) di una donna che, come lo spettro delle monete rubate, ci porteremo dietro per tutto il romanzo. Tale donna di cui non ricordo assolutamente il nome, è chiaro a tutti, perfino al lettore dopo tre righe, che lavoro fa e che lavoro "promette" ad Agnes. Solo lei, dall'alto della sua ingenuità mista ad ignoranza che, a questo punto, cominciamo a sospettare dipenda in realtà dalla sua idiozia, sembra non averlo capito. Questa, purtroppo, è solo la prima delle tante cose che lei non capirà nel corso del romanzo. Caratteristica che, credetemi, fa sì che il lettore arrivi al punto di voler picchiare selvaggiamente la protagonista del libro e porre fine alla sua miserabile vita. 
Ad ogni modo i mesi passano tra l'imperante idiozia di Agnes e la noia mortale e il torpore in cui cade chi legge. È chiaro a tutti, tranne ad Agnes (chissà come mai!), che quando una donna è incinta è impossibile nasconderlo per molto tempo perché, nonostante Agnes si ostini a non pensarci, fisicamente il ventre di una donna in dolce attesa si ingrossa e anche molto. Tutti, chiunque, ma davvero tutti, si accorgono delle dimensioni del ventre di questa povera disgraziata. Se ne accorgono anche i passanti che, come dice lei stessa, le guardano la pancia quando cammina, sebbene lei sia convinta di averla "nascosta" bene con uno scialle (ah, i poteri soprannaturali degli scialli che funzionano come il mantello dell'invisibilità di Harry Potter!). Adesso, mia cara Agnes e mia cara Jane Borodale, se se ne accorgono pure i passanti, come mai le uniche persone a non averci mai fatto caso sono proprio quelle con cui lei vive e che vede ventiquattro ore su ventiquattro?! Come è possibile? Non è possibile e, infatti, la storia smette di essere credibile. 
Non posso, purtroppo, dire altro sulla trama senza rovinare il finale, ma posso dire che nonostante sia una persona stupida, Agnes viene anche baciata dalla fortuna. E, a causa della sua stupidità, rischia pure di mandare tutto a monte perché, appunto, è semplicemente idiota. Al di là, quindi, dell'odio implacabile verso Agnes e della pochezza della trama, altri elementi negativi si abbattono su questo romanzo con la violenza di una tempesta. Primo fra tutti il terribile mostro della consecutio temporum. Jane Borodale (o forse il traduttore, non lo sapremo mai) ha preferito non utilizzarla sempre, forse per donare un po' di brio alla lettura e qualche brivido al lettore attento. Da brava lettrice polemica che non sono altro vi riporto un esempio "lampante" (solo uno, prometto, sebbene il libro ne mostri diversi) che potete trovare a pagina 57: 
"La donna che mi siede accanto mi fa sussultare. «La buca per il legname è un gran bene per la necessità di recintare che si ha di questi tempi, non è vero?» commentò lei. Sicuramente conosce il signor Benter. Forse era il suo viso che aveva catturato la sua attenzione. Tossisco, come se non avessi sentito bene."
Ma come "commentò"? Amica Jane Borodale, stai scrivendo al presente, perché "commentò"?
E poi, altro elemento negativo, l'utilizzo del presente. Perché questa scelta avventata? Ancor più se non si è in grado di mantenerlo, come abbiamo notato.
In ultimo una bella frase dalla quarta di copertina (ma qui è solo colpa dell'editore): "Jane Borodale ha la capacità di far emergere la complessità dei rapporti umani come solo le sorelle Brontë sono riuscite a fare." Ecco qua, abbiamo scomodato, ingiustamente peraltro, anche le sorelle Brontë. Risparmiatevi questa lettura, date retta a me.

Nessun commento:

Posta un commento