giovedì 15 novembre 2012

Recensione: Real Murders. Il club dei delitti irrisolti

Autore: Charlaine Harris
Titolo: Real Murders. Il club dei delitti irrisolti
Prezzo: 14,90 € 
Editore: Delos Books 
Pagine: 300
Il mio voto: 3 piume

Trama

Una serie di assassinii, modellati a imitazione di altrettanti omicidi celebri, si verifica nella piccola comunità di Lawrenceton. La ventottenne Aurora (Roe) Teagarden, di professione bibliotecaria, fa parte del club Real Murders, un gruppo di 12 appassionati che si riuniscono per studiare crimini famosi, sconcertanti o irrisolti. Poco prima che la riunione mensile abbia inizio, Roe scopre il corpo massacrato di un membro del club, e si rende conto che il modo in cui la vittima è stata uccisa imita quello usato proprio nell'omicidio riguardo al quale lei avrebbe dovuto parlare quella sera... improvvisamente la sua vita di investigatore da salotto assume una macabra connotazione reale.

La mia recensione

Ritenta Charlaine, e sarai più fortunata.

È il primo libro della Harris che leggo. Confesso di essermi avventurata nella lettura di questo romanzo armata di diversi pregiudizi, poco positivi, sulle opere di Charlaine. Sebbene siano in molti ad amare la serie di Sookie, ho riscontrato molti pareri negativi sia sullo stile di scrittura della Harris che sulla credibilità dei personaggi. Nonostante ciò, ho deciso di dare alla serie dei Real Murders una possibilità. Perché, comunque, sapevo non fossero presenti personaggi al limite dell'assurdo (e ve lo dice una a cui piace il fantasy, quindi una lettrice abbastanza open minded, sempre però che il tutto abbia una sua credibilità e non sfiori il ridicolo) e quindi la mia lettura non sarebbe stata disturbata da donnicciole che si lasciano ammaliare dai muscoli rattrappiti di un vampiro o che si lasciano affascinare dall'alitosi di un licantropo. 
Non posso affermare con convinzione di aver fatto bene, ma non ho nemmeno fatto del tutto male. 
Si tratta, più che altro, di un romanzetto leggero, una lettura poco impegnativa, un giallo da spiaggia, per passare qualche ora di pura evasione nel vero senso della parola. La trama è piuttosto semplice e ricalca un po' la "forma" della Signora in giallo o del mitico, inimitabile e affascinante Richard Castle. Solo che, a differenza di queste due serie tv, Aurora (Roe per gli amici) non è una scrittrice di gialli. È una dolce, giovane e semplice bibliotecaria di 28 anni che, però, possiede tutti (ma proprio tutti eh) i cliché della bibliotecaria: ha gli occhialoni, i capelli di un colore un po' spento, non si trucca, indossa vestiti comodi e poco attraenti, non ha una vita sentimentale degna di questo nome. 
Charlaine, perché? Perché ricorrere ai trucchetti dei chick-lit? In fondo stai scrivendo un giallo, non uno stupido romanzetto rosa. Un personaggio femminile, per essere considerato un vero personaggio, deve essere per forza bruttina o anonima per essere intelligente? D'accordo che, solitamente, le ragazze interessate ai libri non vantano una collezione di scarpe tigrate nella loro cabina armadio, ma nemmeno sono tutte topi da biblioteca! 
Insomma, sfatiamo questo mito. A me piace leggere e però mi trucco pure. E i miei capelli non sono di un colore spento e smorto. E mi vesto bene, dannazione!
A parte questo, comunque, la storia è ben strutturata e, sebbene io avessi già intuito qualcosa a circa metà del libro, non è subito chiaro (almeno!) chi è l'assassino. L'idea del circolo di appassionati di delitti irrisolti è buona e la Harris è riuscita, senza ombra di dubbio, a sfruttarla molto bene. Ho trovato interessante che l'autrice abbia inserito la figura dello scrittore di gialli all'interno della trama senza far sì che fosse il protagonista principale, un'idea già abusata in letteratura e non solo (vedi, appunto, Castle e Jessica Fletcher). Mi lasciano perplessa, invece, alcuni aspetti, se così vogliamo dire.
Questo è il primo romanzo di una saga e io mi trovo a dover dissentire. Insomma, la Harris non fa che ripetere che Lawrenceton sia una piccola cittadina della Georgia tranquilla, gioiosa, carina e blabla... come è possibile, quindi, riuscire ad ambientarci una saga di questo tipo? Non era una cittadina tranquilla dove gli unici omicidi risalivano a qualcosa come un secolo prima? O la gente s'è ammattita tutta d'un tratto e ha cominciato ad ammazzare a destra e a manca oppure nel secondo romanzo della serie Roe ha 40 anni. Non so, credo che se si fosse trattato di un romanzo autoconclusivo sarebbe stato meglio. È vero che, comunque, nessuna situazione vera e propria, a parte la vita sentimentale di Roe, rimane "aperta" ed è quindi possibile evitare di leggere gli altri volumi che compongono la saga. 
L'altra cosa che mi ha convinta poco è il continuo "che Dio lo benedica", "che sia benedetta", "che siano benedetti" che la Harris piazza praticamente dovunque: «Phillip, che Dio lo benedica, andò alla porta.», «Robin, che sia benetto, mi passò l'insalata». Perché, Charliane, perché? Non è mica un salmo quello che stai scrivendo, è un giallo! 
Qualcosa da ridire, in verità, ce l'avrei anche sulla psicologia dei personaggi. Così poco approfondita, così poco delineata. Con meno cliché, meno benedizioni e un po' più di profondità ai personaggi avrebbe meritato una stellina in più. 
Ritenta Charlaine e sarai più fortunata.

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