lunedì 6 agosto 2012

Recensione: Il mestiere di scrivere

Autore: Raymond Carver
Titolo: Il mestiere di scrivere
Prezzo: 11,50 €
Editore: Einaudi
Pagine: 172
Il mio voto: 4 piume

Trama

Esercizi di scrittura creativa, lezioni, istruzioni per la composizione di una short-story, note sull'arte della concisione. L'insegnamento della scrittura creativa è stato per Raymond Carver qualcosa di piú che un modo per guadagnarsi da vivere: cominciò negli anni '70 a tenere le sue memorabili lezioni di Creative Writing - in un periodo segnato dalla devastazione dell'alcolismo - e quelle lezioni oltre a dare origine a una vera e propria tendenza letteraria furono per Carver un modo per riflettere sul senso del narrare e per confrontarsi con i grandi scrittori suoi maestri - da Checov a Hemingway -, in particolare sulla forma della short-story.

La mia recensione

Stagista scrittrice presso Carver 

Non si tratta, esattamente, di un manuale di scrittura creativa. Probabilmente perché, in realtà, non esiste un vero e proprio manuale di scrittura creativa. Non si può insegnare a qualcuno come diventare scrittore ma si può, invece, accompagnare chi vuole diventarlo lungo la strada verso la maturità creativa.
Ho sempre pensato, infatti, che un libro prenda vita solo quando chi lo scrive raggiunge una certa maturità, solo quando sente davvero di avere qualcosa da dire. Fino ad allora, qualunque cosa scriverà non sarà mai perfetta, non raggiungerà mai la stesura finale, definitiva.
Carver, attraverso questi micro-saggi nei quali affronta le più svariate tematiche, ci offre un assaggio di quello che doveva significare partecipare alle sue lezioni all'università. Poterlo ascoltare, vederlo gesticolare, scarabocchiare, fumare in aula, esprimere pareri sui racconti scritti dagli studenti doveva essere qualcosa di unico, sensazionale, appagante. Appagante è, forse, l'aggettivo più corretto.
Perché Carver, infatti, durante le sue ore di lezione, tramite esempi e riferimenti non solo a racconti, ma anche a emozioni, sensazioni, sentimenti, libri letti ed esperienze vissute, non insegnava ma dava consigli, suggerimenti.

Il mestiere dello scrittore, lasciava intuire, non è un mestiere qualunque, è un mestiere difficile, arduo, pesante. Lo scrittore non possiede altro se non il proprio bagaglio costituito dai sentimenti e dai ricordi. Questi, però, non sono che semplici strumenti. Non è importante "cosa" si narra, ma "come" lo si narra.
Dice lui stesso: "[...] le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste, con la punteggiatura nei posti giusti in modo che possano dire quello che devono dire nel modo migliore. Se le parole sono appesantite dall'emozione incontrollata dello scrittore, o se sono imprecise e inaccurate per qualche altro motivo- se sono, insomma, in qualche maniera sfocate- fatalmente gli occhi del lettore scivoleranno sopra di esse e non si sarà ottenuto un bel niente."
Queste poche righe saranno come una morbida e incoraggiante pacca sulla spalla tutte le volte che mi ritroverò a rileggere, per l'ennesima volta, un paragrafo scritto da me cercando di renderlo al meglio, sostiuendo le parole con altre parole, togliendo le virgole per poi rimetterle al loro posto.
Sono dell'idea che, sia attraverso un libro che attraverso un corso di scrittura creativa, non si possa imparare a scrivere. Scrittori si nasce. Il talento non lo si acquisisce con il tempo, si può solo affinare, perfezionare. Questo libro, infatti, certamente non ha migliorato la mia tecnica di scrittura, né mi ha insegnato alcunché. Ma questo non vuol dire, affatto, che sia stata una lettura inutile, anzi. Trovo che chiunque abbia voglia di scrivere, anche solo per se stesso, debba leggerlo, prima o poi.
Il mestiere di scrivere infonde speranza, incoraggia a non mollare e offre diversi spunti di riflessione.
Non si tratta di un semplice libro ma di un amichevole abbraccio, un invito a non lasciarsi scoraggiare dagli eventi, a vincere le proprie insicurezze, le proprie paure. Grazie Carver, me ne ricorderò sempre.

9 commenti:

  1. Beh, oddio, «Non è importante "cosa" si narra, ma "come" lo si narra.» mi sembra una frase un po' forzata. Sullo stile ci puoi sempre lavorare, ma bisogna avere qualcosa da scrivere!
    Inoltre ero un po' scettico su questo volumetto, che mi è capitato tra le mani ma ho rimesso a posto. Soprattutto per via del dibattito sul rapporto difficile tra Carver e Lish. Sembra infatti che i racconti non editati (che io non ho letto) siano piuttosto distanti da quelli pubblicati. Mi interesserebbe capire se Carver in questo libro parla di sé o del "Carver editato" - scusa, non so esprimerlo meglio! ^^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Forse mi sono espressa male. «Non è importante "cosa" si narra, ma "come" lo si narra.» è un'affermazione che va di pari passo con "Non si può insegnare a qualcuno come diventare scrittore ma si può, invece, accompagnare chi vuole diventarlo lungo la strada verso la maturità creativa." e con la citazione presa dal libro stesso. Non è una frase messa lì, casualmente. Per poter scrivere, è ovvio, bisogna avere qualcosa da dire. Ti invito a leggere, ad esempio, Olive Kitteridge di Elizabeth Strout. Un libro che non dice molto ma che, allo stesso tempo, dice un miliardo di cose. Non ti è mai successo di leggere un libro di questo tipo?
      Per quanto riguarda il Carver "editato" e il Carver non "editato" non so a cosa ti riferisca. Mi spiego meglio: non ci sono suoi racconti in questo volumetto, ci sono solo riferimenti a come sia venuto a Carver in mente di scrivere un determinato racconto, quale esperienza lo abbia portato a raccontarlo. Non si fa riferimento al racconto in sé, ma a quello che cela dietro. L'editing, immagino, venga dopo l'ispirazione.

      Elimina
    2. Mi è capitato di peggio. Un libro che non dice nulla, che non dice nulla a me ma che dice molto ad altri! :D
      Si tratta di "Franny e Zooey" di Salinger. Ad alcuni è piaciuto molto. A me è sembrato solo una serie di sigarette, alternate da un paio di sigari. Ma è un tipico caso di incompatibilità, suppongo. ^^

      Ok, ok, sull'editing avevo inteso male io. Credevo che il libro fosse molto sul come scrivere, piuttosto che sull'esperienza dei racconti.
      Mi spiego. So che l'editing dei suoi racconti è stato molto pesante, con un editor/dittatore con cui Carver ha avuto un rapporto terribile. Ci sono testimonianze della moglie e di un altro autore famoso di cui mi sfugge il nome. Quindi se Carver parlasse del suo stile, non saprei (il mio è uno scetticismo pregiudiziale, lo ammetto) se parla di ciò che sto leggendo io (i.e. "Cattedrale") o di quello che ha scritto lui.

      Elimina
    3. No, no. Diciamo che più che altro spiega come abbia fatto a scrivere ma senza parlare di stile narrativo. Parla di emozioni, di sensazioni. E' più un viaggio interiore, ecco. E' una finestra aperta sul suo carattere, sui suoi ricordi.
      Per quanto riguarda i libri che non dicono nulla mi riferisco non a roba come Moccia, ovvio. Piuttosto a storie che hanno un potenziale incredibile circa i personaggi, che ne raccontano le mille sfaccettature ma senza narrare vicende "importanti". Olive Kitteridge (un libro di incredibile profondità) ne è la prova. Un romanzo, se scritto molto bene, può anche narrare la vita di un semplice contadino, ma essere comunque incredibilmente bello.

      Elimina
    4. Su Moccia siamo concordi! :D
      Sì, ho capito. Carver stesso ha un approccio proprio minimale. Anche eventi importanti, come la morte del figlio, sono trattati in modo realistico. Intendiamoci, non è il mio genere. Però l'apprezzo.
      C'è invece chi, come il succitato Salinger, carica tutti gli "effetti speciali" sui personaggi, anziché sull'azione, e questo non mi va molto a genio.
      Ho letto anche altri lavori in cui l'evoluzione psicologica dei personaggi è più importante della vicenda principale, che magari sta sullo sfondo. Però ammetto i miei limiti: sono più uno da "cappa e spada"!
      Che è anche uno splendido esempio di traduzione letterale :P

      Elimina
    5. Nuoooo traduzione letterale nnnuooo!
      Comunque u_u
      Non ho mai letto nulla di Carver, finora. E' una delle mie - innumerevoli - mancanze di lettrice. Non voglio leggere questo libro prima di averne letti altri di pura narrativa, però mi ispira... magari domani faccio un salto in biblioteca ù_ù ... anche perché le mie scorte di libri si stanno esaurendo T^T
      Comunque sono d'accordo sul 'non importa cosa ma come', perché anche una storia incentrata su due che cenano seduti insieme ad un tavolo può rivelarsi interessante, se ha un suo perché. Magari possono sembrare personaggi normalissimi ma rivelarsi terroristi che vogliono far saltare in aria la baracca. Certo, devono essere costruiti perfettamente e il sospetto deve pizzicare per tutto il tempo, però... non so, tendo ad essere d'accordo con Carver. Anche se alla fine pure io sono più per libri più d'azione.

      Elimina
  2. La cosa divertente è che ieri è apparso in casa proprio "Olive Kitteridge". Non è escluso che lo legga, anche se di questi tempi non so dire quando.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ah, che fighe le coincidenze! xD E' un bel libro e te lo dice una a cui i racconti non piacciono. E però Olive è tutta un'altra cosa. ^^

      Elimina
  3. “Certe volte i tuoi racconti li vivo come fossero poesie e altre volte le tue poesie come fossero racconti”. Questa osservazione gli fece tanto piacere che si alzò da dove era seduto e chiamò Tess che era nell'altra stanza: “Ehi, Tess, vieni un po' a sentire! Lo sai che mi ha appena detto?”.
    Era un brece botta e risposta tra Carver e Haruki Murakami. Mi ha rallegrato leggere questa breve recensione. Naturale, ho letto il libro in questione, e mi piace molto, Carver. Trovo questo blog molto interessante.

    RispondiElimina